IL VELOCIFERO, di Luigi Santucci (Mondadori)
Recensione 1
A volte una rilettura fa bene.
Spinta da una critica che ho letto qui l’ho ripreso in mano con piacere.
Questo libro è del 1963, gli anni della mia adolescenza. Mi fu consigliato allora da mio padre e ricordo che lo lessi con enorme piacere durante le vacanze estive.
Una saga familiare in salsa milanese, delicatissima nei contenuti, dolce nei sentimenti e molto triste nelle conclusioni.
Una serie di ritratti di personaggi uno più simpatico dell’altro, ognuno con caratteristiche particolari che lo evidenziano dagli altri ma allo stesso tempo lo rendono necessario e partecipe di un microcosmo solido e difficilmente penetrabile dall’esterno.
Una “casa di famiglia” simbolo di un’unità familiare che tiene coesi nonni, figli, nipoti e servitù aiutandoli a superare le difficoltà che la vita pone nel corso degli anni.
Dialoghi veloci, piacevoli, riflessioni profonde che si alternano a momenti comici, pittura di un’epoca passata che intride di nostalgia i protagonisti della storia.
Potremmo definirlo un libro di “sorridente malinconia”, in cui i ricordi dei vecchi sono mischiati ai momenti di crescita e formazione dei giovani. Nella prima parte del romanzo (primi anni del ‘900) più allegra e spesso comica, troviamo una famiglia felice con dei ragazzi che crescono sereni all’ombra degli adulti; nella seconda già si sentono i primi echi della grande guerra e la famiglia pian piano si sgretola nonostante i tentativi di ricomporla da parte dei bambini ormai adulti.
Libro che consiglio perché sempre attuale nelle sue problematiche e perché scritto in modo davvero magistrale.
Recensione di Teresa Chi
Recensione 2
Me lo ha ricordato un’amica che lo faceva leggere ai suoi studenti della Scuola Media. Mi ha incuriosito. Fu pubblicato nel 1963 e fu accolto da un grande successo di critica e di pubblico. Ma poi Santucci fu dimenticato e con lui le sue opere che invece vale la pena riprendere.
Di Alberto Gnomi
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