Intervista a Fulvio di Chiara, pseudonimo di Chiara Nervo e Fulvio Tango  

Intervista n. 196

 

Intervista a Fulvio di Chiara, pseudonimo di Chiara Nervo e Fulvio Tango

 

Chiara Nervo e Fulvio Tango

 

-Si dice scherzosamente che un’entità misteriosa “guidi le vostre penne”. Ci raccontate questo divertente processo creativo?

Sì certo, è il demone quello che ha le idee, noi siamo i suoi scribacchini! Infatti, capita che mentre parliamo anche delle cose più banali, se ne venga fuori con un “ma questo sarebbe un movente perfetto” oppure “che scenario ideale per un delitto”, come nel caso dei Diavoli di San Lorenzo.

L’idea iniziale è sempre molto vaga, ma poi ne parliamo e valutiamo se è una scemenza colossale, oppure se può venirne fuori qualcosa di sensato. Spesso è la prima! Alcune idee le scartiamo, altre che ci stuzzicano senza convincerci a pieno le teniamo da parte e quella che si salva proviamo a svilupparla.

In questo caso il punto di partenza è stato il delitto, o meglio la sua ambientazione, l’atmosfera. Ci trovavamo nella chiesa di San Lorenzo e il demone si è manifestato! Il luogo è suggestivo, le volte e le finestre della cupola formano effettivamente otto mascheroni diabolici (lo diciamo per chi non conosce la chiesa). Partendo da lì abbiamo iniziato a pensare a chi potesse essere la vittima, ai motivi dell’omicidio. La storia è nata così.

 

 

 

-Nel romanzo il bene e il male si mescolano insieme e l’una sembra avere bisogno dell’altro per vivere. Quanto credete in quest’affermazione?

Il bene e il male sono indissolubilmente legati, perché come tutti gli opposti l’uno serve a definire l’altro. E nella realtà, nelle situazioni che viviamo quotidianamente, è difficile imbattersi nel male assoluto o nel bene assoluto: può capitare che, con le migliori intenzioni, si compiano azioni buone, che hanno risvolti negativi, e viceversa. Nel romanzo, il nostro don Ripoldi è talmente determinato a fare di tutto per il nobilissimo scopo di combattere la povertà nel mondo da convincerci di poter piegare il male e metterlo al servizio del bene. Poi però le cose si rivelano più complicate.

 

-Nel testo Torino ha un effetto impattante. Quanto e cosa amate di questa città? Avvertite l’aura mistica che sembra guidare la città?

Assolutamente sì. Basta camminare dieci minuti per le vie del centro per accorgersi che è una città ricca di mistero. Si dice che sia contemporaneamente un vertice del triangolo della magia bianca e della magia nera e ci sarebbero luoghi carichi di energia positiva o negativa. È indubbio che, in una notte d’autunno, con un po’ di nebbia e una falce di luna a sconfiggere appena l’oscurità, abbia un fascino spettrale. Non a caso Dario Argento l’ha scelta per girare film come Il gatto a nove code o Profondo Rosso. È proprio quest’aura di mistero che noi amiamo.

 

 

-Chiara Nervo ha una laurea in Ingegneria delle Telecomunicazione, e lavora ricoprendo la posizione di software engineer. Come concilia le numerose passioni con l’ambito lavorativo?

La giornata lavorativa è lunga, ma, per usare una frase fatta, lavoro per vivere e non viceversa, quindi per scrivere il tempo lo trovo. Magari ci sono momenti in cui il lavoro è più impegnativo e richiede più energie e allora, mio malgrado, rallento nella scrittura. Ecco, in questo caso scrivere in coppia ha il vantaggio che, in questi momenti, il progetto non si interrompe, perché c’è l’altro che può portarlo avanti.

 

-Fulvio Tango si autodefinisce lettore compulsivo da che ne ha memoria. Quali sono i suoi libri preferiti?  Nella scrittura ama il comico e il dramma, come passa da un genere all’altro senza fatica?

Tanti sono i libri che ho amato, qui ne cito tre, molto diversi l’uno dall’altro: La luna e i falò di Cesare Pavese, Il cane di terracotta di Andrea Camilleri e Billy Summers di Stephen King.

Per quanto riguarda la commedia e il dramma, mi viene naturale passare dall’uno all’altro senza fatica perché in fondo sono due facce della stessa medaglia. Teoria azzardata? Forse, però non trovi che la smorfia del pianto e del riso si somiglino? Tante scene potenzialmente drammatiche, come un funerale ad esempio, si possono trasformare in siparietti esilaranti magari aggiungendo un particolare dissacrante. Per questo penso che in fondo il dramma e la commedia, il pianto e il riso, il solenne e il ridicolo, sono molto più vicini di quanto non sembri.

 

 

 

-Nel romanzo il commissario Sanfilippo viene aiutato da due uomini che non fanno parte della legge, ma che svolgono tutt’altra professione. Com’è nata quest’idea e perché?

Ad essere sinceri, nell’idea originale non c’era il commissario Sanfilippo. Avevamo pensato solo a Sandro e Vittorio come solutori del caso. Si presentava però un problema pratico, perché fin dall’inizio avevamo in mente di scrivere più romanzi con gli stessi protagonisti: come possono due privati cittadini inserirsi sempre in un’indagine di polizia? Così è entrato anche il commissario a comporre un divertente trio in cui Sandro e Vittorio finiscono in qualche modo per essere coinvolti, se non per intromettersi, nell’indagine. Ma alla fine il loro contributo sarà decisivo.

 

-Com’è nata l’idea degli otto diavoli?

Come dicevamo prima, le volte e le finestre della cupola di San Lorenzo formano effettivamente otto mascheroni diabolici. Eravamo in quella chiesa e abbiamo trovato quella diabolica pareidolia semplicemente irresistibile: sarebbe stata lo sfondo ideale per il nostro delitto.

 

-Quali sono i vostri prossimi progetti letterari?

Una nuova indagine del nostro trio è in editing, sarebbe la terza dopo La forma del delitto e I diavoli di San Lorenzo. Ce n’è anche una quarta già in cantiere.

Abbiamo poi un altro romanzo già concluso. È ambientato sempre a Torino, ma nel freddo inverno del 1985; il protagonista è un investigatore privato, ex-poliziotto, e il tono generale decisamente diverso, più cupo. Potremmo definirlo un noir.  Dobbiamo però ancora trovare un editore interessato.

Infine abbiamo un altro progetto, ancora un giallo, ma la protagonista questa volta è una donna, una libraia appassionata di misteri. E ci risiamo con gli investigatori dilettanti!

 

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