Intervista a Gianni Vacchelli, artista, narratore, scrittore, sulla sua ultima opera I Vivi (un’orestea)
Gianni Vacchelli è un narratore, scrittore, docente. A me piace definirlo Artista.
Ha scritto molti romanzi e diversi saggi. Le ultime pubblicazioni: Manitas (romanzo del 2022) e Dante e la selva oscura (saggio del 2021).
Ha tenuto molte conferenze attualizzando con una lucidità incredibile grandi classici della letteratura e della poesia mondiale.
Molte anche le sue dirette Facebook ed ha un nutrito canale youtube.
L’ho conosciuto ad una conferenza sul primo canto dell’Inferno.
Ne sono rimasta affascinata… sulla prima terzina ci siamo fermati una serata intera, adulti e giovani studenti, tantissimi.
Mi ha svelato un oceano dietro questa opera-mondo che tutti ci invidiano.
In questa intervista però vi presento Gianni Vacchelli narratore e in particolare ve lo presento attraverso la sua ultima opera “I Vivi (un’orestea)”, pubblicata nel 2022 da Jouvence.
Si tratta di un romanzo-trilogia, una riscrittura del capolavoro di Eschilo, l’Orestea, vista e vissuta con gli occhi dei bambini, ponendo al centro proprio loro e l’infanzia.
Non mancano quindi i giochi, le amicizie, le scorribande che si incrociano e si scontrano con le oscurità dei “romanzi familiari” e con il difficile mondo degli adulti, ormai annebbiati dalle brutture del mondo e non più capaci di vedere la genialità dell’immaginazione che caratterizza il mondo dei piccoli.
I tre romanzi che compongono la trilogia sono: Le avventure di Stefano e Danni Bimbi (ovvero il rito), protagonisti tra gli altri, gli anni 80 – I Vivi (che dà il titolo all’intera opera) anni 90 – Arcobaleni, i nostri giorni.
Ma facciamoci raccontare direttamente dall’autore come è nata quest’opera.
D.: Benvenuto Gianni nel nostro gruppo FB Unlibrotiralaltro, e grazie per il tempo che ci hai dedicato.
La prima domanda è quasi d’obbligo. Ne I Vivi le tre parti dell’Orestea sono riconoscibili durante la lettura, oppure ti sei semplicemente ispirato all’opera di Eschilo?
R.: Probabilmente no, se non avessi messo il sottotitolo pochi lo avrebbero collegato.
Così come Joyce, se non avesse intitolato il suo libro Ulisse chi lo avrebbe collegato all’Ulisse di Omero? Fa parte dell’utilizzo del metodo mitico, così chiama Eliot il metodo che usa Joyce.
Ci sono molti riferimenti che sono comunque trasmutati, cifrati, soprattutto perché la mia Orestea è (un’orestea) tra parentesi e con la lettera minuscola. Questo fa capire che c’è dietro un’operazione particolare, se vogliamo un’Orestea vista soprattutto dallo sguardo del piccolo Oreste.
Paradossalmente la mia opera è più fedele al nome che non l’opera di Eschilo stessa. L’idea è quella di sovvertire il paradigma di Eschilo che è supremo.
D.: Oreste nei tuoi tre romanzi assume nomi diversi, inoltre se analizziamo la tragedia greca, si parla di una famiglia distrutta, e in effetti nei tre romanzi che compongono I Vivi si parla di famiglie disastrate.
R.: Uno dei punti di collegamento è proprio questa specie di maledizione familiare. Qui si tratta di famiglie disastrate, con disagi, ma non è solo per questo che le si debba pensare maledette, però l’aspetto dei demoni della famiglia, della stirpe, è certo presente.
D.: Nei tre romanzi i nomi dei protagonisti ricorrono, ma non si tratta degli stessi bambini cresciuti da un romanzo all’altro. Ci spieghi questo sottile meccanismo?
R.: E’ come se questi bambini trasmigrassero da un libro all’altro, sono naturalmente nomi simbolici, molto forti, sono dei nomi biblici anche, c’è anche molta Bibbia in questo romanzo. E quindi c’è Stefano, Elia, Danny/Daniele, Giovanni.
D.: Questo libro è accompagnato da una Guida, scritta da Michele Castelli, una sorta di romanzo nel romanzo. Una guida alla lettura, che può essere un aiuto per il lettore, ma anche fonte di riflessioni e risonanze. Hai voluto strizzare l’occhiolino a Joyce e al suo Ulisse, dove senza guida un lettore è praticamente quasi perso?
R (ride): Non è solo un omaggio all’Ulisse, è anche una sfida a Joyce. C’è una sorta di “non la penso come te”. L’Ulisse è un libro capitale della mia vita, ha cambiato il mio modo di scrivere, ma non tutto mi convince e quindi il mio libro è critico anche nei confronti di Joyce. Il mio libro è più avvincente dell’Ulisse!
D.: Anche più comprensibile…
R.: Nonostante tutto sì, per quanto sia un libro difficile. Io tengo di più alla trama, per quanto non sia uno scrittore di trame, però la mia trama non è così esile come nell’Ulisse. Joyce ha sì innovato quando lo ha scritto, ha fatto sicuramente un’operazione geniale. Io vengo 100 anni dopo, non posso rifare quello che ha fatto lui.
La guida è una sorta di gioco con il lettore, un’integrazione, una spiegazione.
I Vivi è sicuramente un libro complesso per la moltitudine di strati che ha, pieno di riferimenti… ho pensato che una guida, scaricabile gratuitamente, potesse dare una mano al lettore. E’ anche un messaggio alla critica, che spesso recensisce ma non legge il libro.
D.: I luoghi sono tanto importanti e sono così vivi che non puoi non averli vissuti tu in prima persona, Milano, il mare, la montagna, luoghi a te cari ma anche metafore.
R.: Sono sempre luoghi un po’ a contrasto. Milano è un simbolo reale per me, rappresenta un mondo, un’economia, un modo di vivere generalmente “in negativo”, ma è la mia percezione, come io simbolizzo Milano.
D.: E’ un luogo della tua infanzia…
R.: Sì, e poi sono luoghi rivissuti con la sensibilità dei protagonisti che in genere implodono o riescono a trasformare questi luoghi.
Il cortile per esempio, citato nel libro, è a Milano ma può non essere la “solita” Milano; ha gli alberi, è pieno di verde, è un’oasi felice anche se succedono cose strane anche lì, però, diciamo che è un po’ un giardino dell’Eden in una città soffocante.
La montagna invece diventa un luogo di esplosioni dell’energia.
D.: E gli adulti? Spesso nei tuoi libri, e in questo in particolare, non sono personaggi positivi.
R.: Di adulti positivi ne I Vivi ci sono Giovanni, papà di Elia, nel terzo romanzo Arcobaleni, il rabbino Rav Rosen, papà di Danny, e Antonio, un monaco, figura di riferimento per Elia protagonista del secondo romanzo.
Mi trovo spesso a rispondere a questa domanda. I bambini sono più reali. Gli adulti spesso sono irreali, nel senso che sono lontani dalla realtà. I bambini sono più completi. I miei bambini poi sono anche simbolo di qualcosa d’altro che sta dentro di noi.
Con l’irrealtà degli adulti intendo che gli adulti sono più vicini anche al male, non perché fanno del male, anche, ma perché proprio sono manchevoli, mancanti, incompiuti rispetto ad un’adesione vitale e vivente al reale.
D.: E tu come fai, visto che sei potenzialmente un adulto incompiuto, a scrivere libri con bambini protagonisti? Fai un lavoro di ricerca e ascolto del tuo bambino interiore?
R.: Eh sì, ascolto le loro voci, diciamo così.
D.: Come hai ascoltato Alice, in Alice danza nella notte, Igloo, ne La Stella dell’Orso, e Angelica in Manitas.
Passiamo alla scrittura. Nei tuoi libri si percepisce il lavoro di ricerca sull’uso delle parole, il loro accostamento anche fonetico, il cambio repentino di registro, di stile, di punto di vista. Quanto lavoro c’è dietro?
R.: E’ un’esigenza primigenia, variare, cambiare, perché mi annoio e poi per poetica non si può sempre avere solo un punto di vista. Qui Joyce è fondamentale per me. Poi si può anche scrivere utilizzando solo un punto di vista, sicuramente. La Morante diceva “basta che sia una scrittura onesta” nel senso profondo del termine.
D.: Il libro ha richiesto una lunghissima gestazione, più di 20 anni, dove comunque tu hai fatto mille altre cose.
R.: Sì, oggi non accade quasi più, è una cosa che sa di altri tempi. C’è una lunga bottega, un lungo laboratorio, una grande fedeltà al proprio libro. Ci vuole tempo a scrivere un libro, a leggerlo e a meditarlo. Il tempo oggi scorre velocissimo, purtroppo.
D.: Grazie mille Gianni per questa bella chiacchierata. Non ci resta che andare in libreria e viaggiare insieme ai tuoi piccoli protagonisti tra gli anni 80, 90 fino ad oggi.
Di Cristina Costa
I Vivi è gia prenotato, lo riceverò la settimana prossima. Ho letto altri libri di questo autore e mi hanno entusiasmata molto per il loro contenuto conciso e compendioso cosa che mi ha spinto a comprarne altri suoi. Ascoltare le sue conferenze poi è arricchirsi culturalmente, e umanamente e soprattutto gratuitamente, cosa che oggi, dove tutto ha un prezzo, è cosa rara. Chi può ne approfitti.