Intervista a Marco Lugli, autore di “è solo il mio nome” (la quinta indagine del commissario Gelsomino)
-Da quanto è appassionato di libri gialli e perché ha deciso di dedicarsi proprio a questo genere letterario?
In tutta sincerità non sono un grande appassionato di libri gialli, ma lo sono di cinematografia gialla e thriller. Scrivo immaginando i miei personaggi come attori e divido il romanzo in capitoli che coincidono a scene importanti della sceneggiatura.
-Com’è nata la figura del commissario Gelsomino, è perché ha deciso di proseguire con i numerosi sequel?
Quando mi sono trasferito in Salento, nel 2013, i miei occhi emiliani percepivano luoghi e persone come molto diversi da quelli cui ero abituato. Gelsomino è nato come propaggine dei miei occhi nei loro confronti. È salentino, legato alla sua terra, ma capace di osservare essa e i suoi abitanti con occhio critico. Ho proseguito a scrivere di Gelsomino perché non volevo privarmi di quegli occhi.
-Il commissario Gelsomino riprende in qualche maniera dettagli e componenti caratteriali della sua persona? Quali?
Gelsomino è decisamente più insicuro di me, ma anche più sensibile. Siamo entrambi ossessionali dall’introspezione di noi stessi e perdiamo entrambi il sonno all’inseguimento dei problemi che popolano la nostra mente e che molto spesso ci creiamo da soli.
-Come le è venuta in mente l’idea di utilizzare uno schema metrico come “espediente letterario”?
È una domanda da rivolgere a quello psicopatico assassino protagonista del libro. È davvero incredibile come una mente malata possa trarre spunti omicidi praticamente da qualsiasi cosa, persino da una poesia.
-Il suo libro è multi-argomento: ci sono spunti circa l’omosessualità, la questione razziale, la solitudine che investe i più anziani, e molto altro. Come mai l’idea di inglobare tali argomenti in un giallo?
Nelle “Venti regole per scrivere romanzi polizieschi” (Twenty Rules for Writing Detective Stories) codificate da S. S. Van Dine, in effetti, non ci sarebbe spazio in un romanzo giallo né per storie d’amore («Regola 3: Non ci dev’essere una storia d’amore troppo interessante. Lo scopo è di condurre un criminale davanti alla Giustizia, non due innamorati all’altare.») né per altre divagazioni, tuttavia senza queste divagazioni non esisterebbe il giallo all’italiana, dove la componente di vita privata dell’investigatore è assai importante. Io non seguo né le regole di S. S.Van Dine, né il giallo all’italiana. I miei vogliono essere romanzi con una trama gialla calata ne intrisa delle tematiche del nostro tempo e affrontata da un investigatore i cui pensieri possano stimolare il lettore alla riflessione.
-Cosa intende con il titolo “è solo il mio nome?”
Il titolo ha una doppia lettura. Quella della grafia di copertina richiama la trama gialla – non fatemi svelare altro – mentre quella che si otterrebbe aggiungendo una virgola (È solo, il mio nome) fa riferimento il tema della solitudine che accarezza alcuni dei personaggi, compreso lo stesso Gelsomino.
-L’ispettore Anna Fontana, del suo libro, torna al lavoro dopo un “permesso maternità”. Quanto è difficile secondo lei per una donna tornare al proprio lavoro dopo la maternità? E quanti sono i pregiudizi che investono le donne madri e lavoratrici?
Non vorrei sembrare misogino o insensibile nel rispondere che, conoscendo molte donne che sono riuscite a conciliare egregiamente il doppio ruolo di madre e di lavoratrice, ho l’impressione che le indubbie difficoltà siano tuttavia proporzionali alla forza di carattere della singola persona. Purtroppo o per fortuna la Natura consente solo alle donne di generare la vita, quindi la consapevolezza che la modernità e la maternità hanno punti di frizione è assolutamente necessaria. Non è un caso che il nostro Paese sia in crisi demografica.
-A quale avventura del commissario Gelsomino è più legato?
“La Madre” e “Le Sepolture”, a mio avviso, sono i romanzi che agli occhi del lettore hanno portato a termine la costruzione della personalità di Gelsomino perché i temi affrontati (la maternità e il rispetto del territorio) sono quelli che lo appassionano maggiormente. In quest’ultimo romanzo abbiamo un Gelsomino che prende lui stesso atto della propria personalità e si prepara, nella prossima avventura, a prendere le contromisure.
-Nel suo lancio per facebook asserisce che il suo libro: è forse due gialli in uno. Può spiegare questa affermazione?
Anche in questo caso la lettura della mia frase è duplice. La prima lettura si riferisce ai due filoni di indagine che sono presenti nel libro. La seconda lettura è di carattere psicologico. Gelsomino deve risolvere non solo l’indagine assieme ad Anna Fontana, ma anche l’enigma caratteriale che sta condizionando la sua vita privata.
-Quali sono i suoi progetti letterari futuri?
Le indagini di Gelsomino avranno certamente un sesto capitolo che non sarà ambientato in Salento. Poi ormai i miei lettori lo sanno: dopo un paio di avventure di Gelsomino ho sempre bisogno di ritornare ad una narrativa libera, non di genere, che magari non legge nessuno, ma per me assolutamente necessaria.
Intervista di Lisa Di Giovanni
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