Intervista a Tiziana Prina delle Edizioni Le Assassine per “La casa al civico 6” di Nela Rywikovà

Intervista a Tiziana Prina delle Edizioni Le Assassine per “La casa al civico 6” di Nela Rywikovà

 

-Come sei venuta a conoscenza di quest’autrice e perché la sua storia ti ha colpito?

Ho incontrato Dana Blatna, l’agente ceca di Nela Rywikova, alla Fiera del Libro di Francoforte. Cercavo un romanzo che proponesse della suspense, ma che al tempo stesso raccontasse qualcosa del Paese da cui viene la scrittrice, e mi è sembrato interessante il punto di vista di un’autrice nata all’incirca dieci anni dopo la Rivoluzione di Velluto del 1989.

-Il personaggio di Vejnar incarna il poliziotto buono, ricco di ideali, tuttavia la sua voglia di “verità” mal si amalgama con la sua vita privata. Come si può conciliare l’amore appassionante per il proprio lavoro con la propria individualità?

Diciamo che questa specie di scissione tra la passione per il proprio lavoro e una certa insensibilità che dimostra almeno inizialmente nel privato, in realtà ha una giustificazione plausibile. Insoddisfatto del rapporto di coppia Vejnar si lascia vivere e mette tutte le sue energie nel suo ruolo di poliziotto, in cui dà appunto prova di avere degli ideali e di non volersi accontentare di una realtà preconfezionata.

 

Nela Rywikovà e Tiziana Prina

 

-Il romanzo della Rywikovà pone la sua attenzione su due temi sociali: il maltrattamento minorile e la tutela all’ambiente. Quant’è importante la sensibilizzazione del pubblico su tali tematiche e in che modo possiamo cambiare il futuro?

Credo che i libri che ci appassionano per le storie raccontate e dove i temi sociali hanno un qualche peso siano utili almeno per farci riflettere e magari prendere posizione, ma poi tocca alla politica intervenire: in un caso con misure sociali che tutelino i minori (vedi obbligo scolastico, contrasto alla povertà ecc.) e nell’altro con misure che salvaguardino l’ambiente o meglio ancora che cerchino di invertire la rotta. Per esempio, il climate change è un problema epocale che influirà su tutta la popolazione della Terra… lo stiamo già vedendo. Se ci riferiamo strettamente al libro, credo che il maltrattamento minorile sia frutto di una certa povertà di spirito e morale dell’ambiente deprivato che viene descritto, mentre la tutela dell’ambiente, che qui vuol dire salvaguardia del passato, non è sentita, perché appunto si vuol cancellare quello che è stato. Si pensi a Berlino Est e a come si siano lasciate poche tracce del periodo comunista.

-Il romanzo in certi casi assume le sembianze di una grande denuncia, tuttavia una domanda sorge spontanea. Ad oggi c’è più rassegnazione o voglia di cambiare le cose?

Se ci riferiamo ai Paesi ex comunisti, farei un distinguo tra i giovani, che ovviamente sono proiettati al cambiamento e mai si sognerebbero di vivere in un regime che regolamenta tutto, e le persone di una certa età, per cui il cambiamento rappresenta a volte una sfida troppo grande da vincere. Nel romanzo della Rywikova questo emerge in maniera molto chiara.

 

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-Nel romanzo della Rywikovà c’è un forte spaccato tra comunismo e capitalismo. Quale delle due vince nel contesto narrativo e quale invece nella realtà odierna?

Direi che l’autrice, proprio perché è nata anni dopo la caduta dei vari muri, guarda con un certo distacco le conseguenze e sa dare, a mio avviso, una visione equilibrata di quello che è accaduto. Chi aveva una certa età e aveva vissuto a lungo sotto un regime fatica a liberarsi dalle ideologie: in un certo senso si sentiva garantito in una vita che livellava tutti in modo egualitario verso il basso, mentre il capitalismo non tende di certo la mano a questi individui, che in un contesto del tutto nuovo non sanno destreggiarsi.

-Quando decidi di dar voce ad una scrittrice, scegli consapevolmente testi che abbiano una forte voce sociale?

Cerco sempre storie che abbiano una trama ricca di suspence, in modo da intrattenere il lettore, ma, come dici tu, mi interessa che dalla storia emerga anche il contesto da cui viene la scrittrice

-Qual è l’argomento del romanzo della Rywikovà che ti ha colpito maggiormente e perché è giusto parlarne?

De La casa al civico 6 mi hanno colpito due cose: l’incipit in cui viene descritta Ostrava, un tempo importante città del ferro e del carbone, e oggi, o almeno al momento della stesura del romanzo, descritta come spettrale. Nella descrizione iniziale mi ha molto ricordato la Londra di Oliver Twist, ma a parte questo, ciò che mi ha colpito di più è stata l’influenza delle ideologie sulla vita delle persone. E qui mi riferisco anche a ogni tipo di ideologia: in altre storie che ho pubblicato è emersa, per esempio, quella religiosa, senza distinzione di fede.

 

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