Intervista al fiorentino Fabio Gimignani, autore di un romanzo dissacrante, acido, irriverente, dolce e delirante: Zeppelin
A cura di: Vincenzo CAPRETTO
Oggi ho il piacere di incontrare Fabio Gimignani autore del romanzo pulp demenziale “Zeppelin” edito da Jolly Roger.
Fabio, classe 1965, trent’anni di esperienza nella comunicazione, pubblica nel 2016, in collaborazione con Rosanna Franceschina, il romanzo Origami. Sempre nel 2016 cura con due suoi racconti l’antologia Il giardino delle meraviglie; nello stesso anno pubblica la prima raccolta di Ossi di seppia per coccodrilli. Nel 2017 crea e coordina l’antologia Masquerade, per la quale scrive due racconti; nel 2018, vedono la luce i romanzi La valle dei cedri e Gli artigli delle farfalle. Infine, nel 2019 pubblica la nuova raccolta di racconti Ossi di seppia per coccodrilli 2.
La sua passione per la scrittura come e quando nasce?
Alle elementari quando, grazie a un maestro particolarmente evoluto (sorride ndr) per essere agli albori degli anni Settanta, iniziai a leggere i gialli per ragazzi della serie “I tre investigatori”. A otto anni scrissi il mio primo racconto dal titolo “L’anfora d’oro”. Già in quella primissima opera si parlava di un possibile attentato alla città di Parigi tramite la diffusione aerea di batteri letali… come dire che psicopatici si nasce (sorride ndr), scrittori poi si diventa, ma è una semplice formalità.
Fabio non posso subito non chiederle da dove nasce questa meravigliosa e accattivante copertina?
Dalla mia fantasia malata (tossisce ndr).
Nasco come grafico pubblicitario e ho sempre voluto curare i miei libri fin nei minimi particolari, includendo soprattutto le copertine che, nonostante si continui ad affermare come un libro non si debba giudicare dalla copertina, hanno sempre un peso decisivo nella scelta del lettore.
Nel caso specifico, quello in copertina altri non è che Orville Landers: lo sfigatissimo protagonista del libro.
Il suo libro lo definisce un genere Pulp demenziale. Vorrebbe in poche parole spiegarci questo genere e perché lo preferisce?
Adoro il Pulp in quanto “non genere” capace di accogliere ogni esplosione di fantasia fin dagli anno venti, se non ancora prima. Pensiamo solo a riviste storiche del calibro di “Weird Tales”, grazie alle quali abbiamo potuto apprezzare generi come il noir, il western, l’horror, la fantascienza; riviste che hanno ospitato autori del calibro di H.P. Lovecraft e hanno dato vita a personaggi come Conan il Barbaro e Phantom.
Ho scelto proprio il Pulp Demenziale perché, trovandomi in pieno lockdown, avevo un gran bisogno di ridere e far ridere; le avventure di un serial killer pasticcione, come quelle narrate in “Zeppelin”, mi hanno dato modo di fare entrambe le cose senza dover scrivere troppo in punta di forchetta, concedendomi, inoltre, anche una prosa sufficientemente “svaccata” e divertente.
Ha lavorato prima a una scaletta o ha scritto di getto?
Di getto. Non mi baso mai su una scaletta e scrivo con lo scopo di sorprendere me stesso prima ancora del lettore. Questa non è farina del mio sacco, purtroppo, ma lo afferma Stephen King nel suo autobiografico “On writing”, che secondo me chiunque abbia velleità letterarie dovrebbe leggere con attenzione.
Solitamente per i miei libri utilizzo la tecnica del “bruco”: ho l’idea della storia, scrivo l’incipit e la fine… poi nel mezzo aggiungo segmenti e formo quel millepiedi che pian piano prende il nome di “romanzo”. Ma l’obiettivo è sempre lo stesso: rileggere un capitolo ed esclamare «Ma dai! Che figata!», sentendomi anche scemo, perché l’ho scritto io pochi minuti prima.
Ci racconti quale è stata la scintilla che ha dato vita all’idea. Perché davvero non è semplice imbastire un racconto del genere.
In primo luogo, una manopola di mountain bike sfilata grazie al getto d’aria di un potente compressore; poi Tim Curry nelle vesti di Pennywise (protagonista di IT ndr) che occhieggia dalla fessura di scolo del marciapiede chiedendo «Lo vuoi un palloncino?»; quindi un numero imprecisato di Tennent’s Super (birra scozzese ndr), che in compagnia di altri autori, hanno funzionato da catalizzatore formando la sinapsi che ha dato anima e corpo alla trama del libro.
Cosa ha voluto dire con la sua storia? C’è un perché ha voluto di fatto distruggere lo stereotipo del serial killer?
Penso che in ognuno di noi si annidi un predatore pronto a farsi largo a colpi di rasoio tra la folla, ma il buon senso e la razionalità, lo tengono sepolto senza che possa manifestarsi.
Aggressività, crudeltà e desiderio di rivalsa fanno parte dell’essere umano proprio come altre pulsioni meno dannose.
Ho pensato che una specie di Jerry Lewis, con l’istinto omicida libero di scorrazzare per i meandri del cervello, si sarebbe comportato in modo goffo e ridicolo, pur non rinunciando a essere letale.
Sono convinto che anche Bambi, se portato all’esasperazione, sarebbe capace di fare una strage a colpi di zoccoli.
Per i personaggi ha fatto riferimento – magari in parte – a persone reali oppure sono solo frutto della fantasia?
L’unica persona reale è Rhonda.
Infatti, l’Agente speciale Rhonda “rowdy” Ramsey altri non è che Ronda Rousey, ex campionessa del circuito MMA (Mixed Martial Art ndr), da poco passata in forza al circo del Wrestling. Ho sempre ammirato il suo stile di combattimento, la grinta, ma anche l’eleganza con la quale si presentava nell’ottagono. Mi ha sempre fatto venire in mente una citazione di “Blade runner”: «Hai presente la Bella e la Bestia? Ecco, lei e tutt’e due le cose».
Per il resto non cesello mai più di tanto i miei personaggi, soprattutto sul piano fisico, in quanto penso che sia un diritto sacrosanto del lettore immaginarseli come meglio crede.
Cosa vorrebbe che le persone dicessero del suo romanzo?
Vorrei che dicessero di essersi divertite davvero a leggerlo.
Vorrei che lo consigliassero a parenti e conoscenti; che ne facessero scorta in libreria per regalarlo a tutte le persone tristi.
Vorrei che le persone constatassero come anche un autore lontano anni luce dalla fama e dalle luci della ribalta, sia capace di scrivere qualcosa che resti impresso, al punto da dispiacersi quando il libro termina, magari dicendo: «Ne voglio ancora!», proprio come
la piccola Claudia nel film in “Intervista col vampiro” (sorride ndr).
Il titolo fa riferimento al dirigibile “Zeppelin”? Perché?
Dovrei spoilerare il libro per rispondere, e poi mi toccherebbe fare il giro della penisola per uccidere tutti coloro che hanno letto l’intervista (ride ndr).
Basti sapere che ha molto a che vedere con le ascensioni verticali e poco con l’industria aeronautica dei primi del Novecento.
L’immagine di copertina fornisce un apprezzabile suggerimento, ma già dalle prima pagine è chiaro a cosa si riferisce il titolo.
Mi descriverebbe il suo libro con tre aggettivi?
Irriverente, cruento, dolcissimo.
L’ultimo aggettivo apparentemente potrebbe non centrare nulla, ma vi assicuro che anche il Pulp ha bisogno d’amore, e le storie d’amore vanno raccontate con la scatola dei Kleenex a portata di mano, spargendo melassa tutto intorno come se fosse il tempo della semina del grano.
Il suo protagonista è un fan di Dexter Morgan, protagonista del romanzo La mano sinistra di Dio e della serie televisiva Dexter, nel quale è un serial killer esperto e metodico ma allo stesso tempo un esperto forense della polizia scientifica di Miami; diremmo l’antitetico del suo killer, ma in realtà hanno qualcosa in comune i due?
Hanno in comune il problema rappresentato dallo smaltimento dei cadaveri.
Sì, perché ammazzare qualcuno è la parte semplice del lavoro; i guai cominciano quando ci si deve sbarazzare dell’ingombro.
In comune con Dexter Morgan, comunque, il mio Orville ha la doppia personalità con la quale ogni serial killer si mimetizza tra le vittime apparendo inoffensivo se non addirittura bisognoso di aiuto. Ed entrambi sono padroni della rispettiva professione ufficiale, che li aiuta non poco nell’espletamento di quella oscura. Probabilmente andrebbero d’accordo!
Quale autore ha influenzato la sua scrittura?
Stephen King, senza dubbio.
Lo considero un genio e un autore toccato da Dio.
Ma anche Ken Follett e, strano a dirsi, Gabriel Garcia Marquez che reputo un maestro assoluto e al quale mi ispiro per trasmettere calore e passione nelle scene in cui i personaggi non sono impegnati a farsi a fette.
Parlo di “scene” anziché di “brani”, in quanto ho citato tre maestri i cui libri scorrono davanti agli occhi come un film ben sceneggiato.
Nel mio piccolo, spero di riuscire a fornire la stessa sensazione al lettore.
Può anticiparci se ha in progetto un altro libro?
Due, in realtà, ed entrambi a buon punto.
Uno è “Shaker”, che riprende i personaggi di “Zeppelin”, e li rimette in gioco sulle tracce di un nuovo serial killer molto diverso da Orville Landers che colpisce attraverso tutti gli Stati Uniti senza un’apparente logica. Un romanzo che in comune con il predecessore avrà lo stile crudo e comico al tempo stesso, ma che non sarà un sequel… detesto queste cose. Prevedo di farlo uscire entro la fine dell’anno.
L’altro è “Tunnel”: un thriller internazionale che vede l’Europa messa nell’angolo da un gruppo di terroristi capaci di prendere in ostaggio addirittura… (sorride e si blocca ndr).
Dovrebbe uscire dopo la metà del 2023.
Come si descriverebbe con tre aggettivi?
Curioso.
Sono il fan numero uno del Bianconiglio e lo seguo fino in fondo alla tana a costo di sbucciarmi gomiti e ginocchia. Quando vedo o sento qualcosa che non conosco a fondo e che stimola la mia fantasia, non posso fare a meno di approfondire in ogni modo possibile.
Incrollabile, un po’ come la fenice, rinasco sempre dalle mie ceneri.
Sono caduto cento volte e per cento volte mi sono rialzato. Non so se sono la persona migliore o peggiore del mondo; non so se sono un grande scrittore o un pennivendolo senza futuro, ma voglio darmi la possibilità di scoprirlo. E quindi mi mantengo in equilibrio lavorando sodo, dando l’anima e il cuore per ogni progetto nel quale mi impegno.
Fragile.
Riverso nei miei libri tutto ciò che mi fa bene e tutto ciò che mi fa male; arrivando a distillare la teoria secondo la quale, se uno non piange rileggendo ciò che ha scritto, forse non lo ha scritto davvero col cuore.
Sono innamorato della bellezza in qualsiasi sua manifestazione e mi commuovo davanti agli spettacoli della natura, che sia un’aurora boreale o un cucciolo.
Ci può raccontare, se c’è, un aneddoto sul suo libro?
La prima edizione è stata stampata in un grande stabilimento alle porte di Milano, dove vengono prodotti i libri per tantissime Case Editrici.
Sono andato personalmente a ritirare le prime copie e il ragazzo del magazzino, mentre me le caricava in macchina con il muletto, ha visto il nome scritto sulla bolla di accompagnamento e mi ha chiesto se fossi io l’autore.
Alla mia risposta affermativa, è sceso e mi ha voluto stringere la mano, raccontandomi di come, giorni addietro, trovandosi vicino al confezionamento, ha visto nel contenitore degli scarti una copia di “Zeppelin” mal rilegata.
Pensando che si riferisse all’intramontabile gruppo di Jimmy Page, di cui era appassionato, ha scorso le prime pagine per poi rendersi conto che i Led Zeppelin non c’entravano niente.
Mi ha guardato e mi ha detto: “Non sono riuscito a metterlo giù finché non l’ho finito», aggiungendo subito dopo: «Ma te sei fuori come un terrazzo!»
Be’, non ci sono recensioni che valgano quel commento.
Da lì ho capito che ero riuscito nel mio obiettivo: un libro che riuscisse a grattare via la patina di tristezza che la pandemia ci aveva attaccato addosso.
Sono soddisfazioni.
Fabio grazie mille per questa meravigliosa chiacchierata. Mi permetto di aggiungere una delle interviste più “ganze” che abbia mai fatto. Divertente, piacevole e stimolante. Complimenti e in bocca al lupo.
TRAMA:
Un serial killer esordiente, talmente sfigato da essere invincibile.
L’odio viscerale per una nota marca di automobili giapponesi, la venerazione per Dexter
Morgan e un colpo di genio che potrebbe rivoluzionare l’industria della morte su larga
scala. Ma tutto ciò che sale, prima o poi è destinato a scendere.
Questi sono gli ingredienti di Zeppelin, il romanzo Pulp-demenziale che tutto il mondo
stava aspettando per inorridire e ridere a crepapelle.
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