Abbiamo intervistato lo scrittore Bruno Morchio con cui abbiamo approfondito il suo ultimo romanzo, “La fine è ignota”, ma abbiamo avuto anche modo di parlare del suo personaggio storico Bacci Pagano e in generale della “dimensione Giallo”.
– Per cominciare le chiederei di presentarci il suo romanzo “La fine è Ignota” e l’investigatore Mariolino Migliaccio.
La fine è ignota è il romanzo che inaugura una nuova serie di Nero Rizzoli, centrata sul personaggio di un trentenne, orfano, figlio di una prostituta assassinata quando lui frequentava l’ultimo anno del liceo classico, icona estrema della condizione di precarietà dei giovani millennial in Italia e in particolare a Genova. Mariolino Migliaccio è un giovane uomo traumatizzato che esercita abusivamente la professione di investigatore privato, riceve i clienti in una “tampa” della città vecchia e vive in una stanza malsana e senza bagno di una pensionaccia dei carruggi. La sua è una condizione di marginalità che lo costringe, per sopravvivere, a compiere continui compromessi al ribasso con la propria coscienza morale. Niente di più distante dal detective senza macchia e senza paura del giallo classico. E questo è per me l’aspetto più interessante della faccenda, perché mette in questione la struttura compositiva del genere, sollevando dubbi, interrogativi e invitando il lettore a riflettere sui canoni ormai consunti del giallo.
– Lei viene da diverse opere con protagonista l’investigatore Bacci Pagano, l’ultima di due anni fa. Quali sono le ragioni che l’hanno spinta ad approcciarsi a un personaggio nuovo?
Adottando la narrazione in prima persona, dove la voce narrante coincide con quella del protagonista, ho provato a mettermi nella pelle di un soggetto lontano da me, dalla mia storia e dalle mie “corde”. Se la voce di Bacci in fondo è la mia, per raccontare Mariolino e il suo punto di vista sul mondo ho dovuto compiere una operazione straniamento da me stesso e ricorrere a una lingua differente da quella della saga di Pagano. Qui gergo, dialetto, lingue straniere e parlate esotiche sono materia corrente per rendere il sottobosco della città vecchia anche sul piano linguistico. Dunque, ho tentato una sfida, cimentandomi in un’operazione letteraria giocata sia sulla struttura narrativa sia sulla scrittura.
– Il Giallo negli anni ha resistito e non ha mai perso vigore, nonostante il rischio di risultare troppo spesso derivativo nei confronti dei “padri del genere”. Secondo lei quali devono essere le caratteristiche di un buon romanzo giallo?
Il rischio del giallo è quello del cliché, di una produzione che ricalca moduli, canoni e stilemi per confezionare prodotti di puro intrattenimento (spesso graditi dal pubblico) che hanno perso qualunque nesso con l’esperienza di vita dell’autore. Le narrazioni non traggono ispirazione dalla realtà ma dal materiale delle serie tv; ne risulta compromessa la funzione conoscitiva della letteratura a vantaggio dell’evasione e dello svago (elementi in sé non disprezzabili, ma insufficienti) e si finisce per cadere in un senso di ripetitività e saturazione (già letto, già sentito, già visto) che alla lunga non farà la fortuna del genere crime. Un buon romanzo giallo deve essere anzitutto un buon romanzo e quanto più scardinerà le regole consolidate, conservando coerenza interna e verità (che non necessariamente significa verosimiglianza, perché in letteratura paradossi e iperboli spesso giovano alla narrazione), tanto più apporterà arricchimento al genere.
– Se la sentirebbe di fare qualche nome di autore a cui si sente più legato come fonte di ispirazione ?
Tre nomi, sempre gli stessi dal 2004: Raymond Chandler, Manuel Vázquez Montalbán e Jean-Claude Izzo, che hanno portato nel poliziesco rispettivamente la strada e il crimine organizzato, la letteratura e la poesia.
– Si sente spesso dire che un giallo è ben fatto se si scopre l’assassino solo alla fine. Non crede che anche la struttura narrativa e i meccanismi che portano a scoprire il colpevole siano elementi di analoga dignità?
La scoperta dell’identità dell’assassino e il gioco enigmistico con il lettore non mi hanno mai interessato. Per me è l’indagine la strada maestra che consente al romanzo di sondare relazioni, ambienti, psicologie, drammi, commedie, tragedie, destini e alla letteratura di misurarsi con la propria capacità di creare miti (mitopoiesi). Se c’è un’operazione urgente da compiere è quella di rompere la gabbia del genere, a costo di rischiare di perdere lettori. Uno scrittore non scrive per se stesso, ma per il suo pubblico; ma questo non significa che debba farsi dettare da quest’ultimo i romanzi e i racconti. Il rapporto col pubblico è fatto anche di tensione e qualche volta di incomprensioni. Questo rende viva e vitale la produzione letteraria.
– Nella promozione e nella condivisione di romanzi e autori il passaparola è il libraio di fiducia sono sempre due realtà ben presenti, ma è indubbio che i Social Network abbiano preso sempre più campo. Che rapporto ha con questa dimensione?
Ho affidato a due bravi social manager questa parte e sono soddisfatto. Il mio rapporto diretto con i social è piuttosto ridotto ed è legato alla politica e qualche occasione di svago e divertimento.
– Per concludere una domanda su Genova e sulla Liguria: quali sono, se ci sono, gli elementi di questa splendida regione che la rendono ambiente ideale per le sue storie e quali sono i suoi aspetti meno chiari a chi non la conosce nel profondo?
Genova è città ideale per il crime, anche se nell’audiovisivo chi vi ha ambientato storie nere non se n’è ancora accorto. Cogliere i giochi di ombra e luce dei carruggi, la dimensione misteriosa dei vecchi palazzi della città vecchia, l’attitudine dei genovesi a nascondere la bellezza (manimàn, non si sa mai, probabilmente c’è una fottuta paura dell’invidia), il fascino decadente delle fabbriche dismesse del Ponente e della val Polcevera… Con qualche eccezione, come La bocca del lupo di Pietro Marcello.
Intervista di Enrico Spinelli
LA FINE È IGNOTA – Bruno Morchio
LA NARRATIVA GIALLA VISTA DALLA PARTE DI CHI INDAGA – Bacci Pagano (Bruno Morchio)
La narrativa gialla vista dalla parte di chi indaga - Bacci Pagano (Bruno Morchio)
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