Javier Marias: è morto a 70 anni, lo ricordiamo con il suo ultimo romanzo

Javier Marias: è morto a 70 anni, lo ricordiamo con il suo ultimo romanzo

TOMÁS NEVINSON, di Javier Marías (Einaudi – febbraio 2022)

 

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Questo libro, pur uscito da poco più di un mese, ha già conquistato tanti lettori e dato origine a tanti commenti. Ma non mi posso esimere dall’ aggiungere il mio, per due ragioni: appartengo al (virtuale)”fans club” di Marías e, pur nella continuità, trovo in questo libro qualcosa di diverso.

Non mi riferisco al fatto che è considerato il seguito di Berta Isla (che forse mi è piaciuto di più, ma ciò non è significativo), e comunque mi si lasci dire che è importante leggere prima l’uno e poi l’altro perché, come i due personaggi sono una coppia nella storia narrata, i due libri vanno visti in coppia, quasi complementari : semmai il secondo è un approfondimento del primo, sul piano delle tematiche.

La diversità io l’ho percepita soprattutto nella forma. La prosa di Marías, che ho tanto ammirato e che ben ricordo nei primi libri, era fatta di circonlocuzioni, di vortici di pensieri, di ritorni in rima di idee e parole, di un incalzare di ragionamenti; in questo libro il narrare è più discorsivo, più “disteso”, quasi più colloquiale.

Del resto, e mi riferisco al contenuto, anche rispetto a Berta Isla, le famose “congetture” che lì avevano una dimensione più filosofica ( il tempo, il destino, la realtà non conosciuta), qui divengono (approfondendo le tematiche, appunto) più a carattere psicologico e morale.

Certamente non si fermano alla realtà esperienziale ed interiore di Tomás: l’universalità delle problematiche è supportata dai riferimenti culturali e letterari, vastissimi, di Marías. Shakespeare è sempre presente, così Eliot, Yeats, ma tantissimi altri ed anche Dante o la Bibbia.

E soprattutto direi che l’universalità è garantita da un certo impegno etico nel porre degli interrogativi, morali e politici, senza voler stabilire delle risposte.

Ma, appunto, e ritorno all’ aspetto psicologico : qui c’è un personaggio che si interroga, anzi si tormenta nel dubbio e di fronte a delle scelte.

Chi volesse trovare “l’azione” nei romanzi di J. M., rimarrebbe deluso: basti pensare che qui, per esempio, l’unica azione che si verifica nelle prime tre parti è l’incontro con Tupra, l’ex superiore del protagonista. E tutta la narrazione invece è dedicata alla memoria della sua precedente esperienza o meglio “uno non concepisce più l’esistenza che sarebbe stata possibile ma non si è realizzata, quella che fu scartata e messa da parte”.

Con quell’incontro però si innesta nei ragionamenti quello della memoria storica del male, e quasi si preannuncia un tema caro all’autore, quello della impenetrabilità della persona.” Siamo tutti opachi per natura e la menzogna è invisibile”.

Il problema del male porta all’ interrogarsi sulla giustizia; l’impenetrabilità umana calza perfettamente con il ruolo di Tomás, agente tornato in carica dei servizi segreti.

E dunque Tomás Nevinson, con la falsa identità di un tranquillo insegnante in una tranquilla cittadina, deve scoprire quale di tre donne sospette cela una pericolosa ex terrorista. L’ipotesi di “un’altra esistenza”, tanto cara a Marías, si concretizza in personaggi che vivono due vite, una nota, l’altra misteriosa o fittizia.

Questo porta la narrazione all’osservazione di tre esistenze, all’indagine, ad un tentativo di svelamento della personalità nel quale il lettore viene coinvolto al pari del protagonista. In questo percorso (di cui qui non è il caso di rivelare la soluzione) anche la personalità del protagonista subisce un’evoluzione, profonda e sofferta: insorge in lui l’interrogativo di cosa è giusto, di quali giustificazioni è lecito avvalersi, a quali conseguenze ogni nostra azione può portare in futuro.

Non posso dire di più del romanzo: altri l’ hanno già fatto in modo appropriato; vorrei però sottolineare alcune “costanti” dell’autore anche qui riconoscibili.

Una è l’affacciarsi ad una finestra, lo sguardo all’esterno: vedere e non vedere una realtà più grande di noi, dai contorni sfumati, che appare e scompare. Per questo effetto funzionale è un secondo elemento, reale e simbolico: la nebbia dello scorrere del tempo silenzioso e monotono.

Poi ancora: il passato lascia le sue tracce e non si cancella mai completamente finché qualcuno se ne ricorda. Perciò la mancanza di memoria cancella il passato, e assolve anche i crimini del passato, ” come cenere sulla manica di un vecchio che questi si scrolla via con un colpetto” . E qui si può leggere anche il messaggio storico- politico dell’autore.

Recensione di Maria Guidi

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