Keyla la rossa di Isaac Bashevis Singer (Adelphi)
“Capitava di rado che una femmina già passata per tre bordelli si sposasse … Era un segno del cielo inviato a tutte le puttane di Varsavia: non dovevano perdere la speranza, l’amore avrebbe continuato a governare il mondo.”
Keyla è una prostituta del ghetto di Varsavia, ai primi del Novecento. Ha i capelli rossi, gli occhi verdi, la pelle bianchissima.
Il suo ingenuo candore interiore e il suo smisurato bisogno di amore ne fanno un personaggio straordinario e indimenticabile.
Il pensiero va alla ragazza di Via del Campo di De André (“gli occhi verdi color di foglia”) e alla Shirley Mc Laine di Irma la dolce.
Leggo che l’Autore fu a lungo indeciso se pubblicare questo romanzo, scritto a ridosso del conseguimento del Nobel per la letteratura nel 1978, a causa dei contenuti forti e “scandalosi” e del ritratto impietoso dei vizi e delle debolezze dei membri della comunità ebraica di cui egli faceva parte.
La storia è ambientata in una misera Varsavia tra i riti e gli odori del ghetto e successivamente si sposta tra le mille luci di New York, nell’ambiente altrettanto miserabile degli immigrati, dove confluiscono i personaggi principali del romanzo, impeccabilmente tratteggiati, l’eroina Keyla, fragile, volitiva, generosa e fatalista, il contraddittorio Yarme, l’ambiguo e perverso Max e il religiosissimo, idealista, ribelle Bunem.
Un romanzo di grande forza narrativa, sincero e disincantato, sui sentimenti e sulla passione, sul sesso e sulla morale, sull’amore e sulla morte. E su Dio, un Dio distante e disinteressato che si astiene dal partecipare alle vicende umane.
Recensione di Ignazio Merlisenna
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