“KOKOPELLI. IL VENTO CHE SUONA”: UNA STORIA DI SOGNI E SPERANZA.
INCONTRIAMO L’AUTORE RODOLFO MARTINEZ
Intervista a cura di Vincenzo CAPRETTO
Oggi incontriamo Rodolfo Martinez, autore dell’emozionante libro “Kokopelli. Il vento che suona”.
Rodolfo Martinez, nato a Roma nel 1971, lavora presso una società di progettazioni e insegna karate come Maestro Federale per la FESIK – federazione italiana karate – e per la WKMO: World Karate Martial Arts Organization. È stato Martial Arts Therapist con la “Kids Kicking Cancer”, un’associazione nata negli Stati Uniti, con la quale ha fatto il volontario presso l’ospedale pediatrico “Bambino Gesù di Roma”, come spiega appunto nel libro, dove ha trasferito il suo know how. Grazie al karate, ha intrapreso molti viaggi e continua a farlo ancora per tutto il mondo: Europa, Giappone, Indonesia e Stati Uniti d’America, apprendendo storie autentiche che racconta nei suoi romanzi.
Ha pubblicato: nel 2004, “Oltre il tempo, viaggio nel meraviglioso mondo degli indiani d’America”, nel 2007 “Kokopelli”.
La sua passione per la scrittura come e quando nasce?
Sin dalle scuole elementari con il tema in classe, era una immersione totale in un mondo di fantasia. Mi sedevo al mio posto, tiravo fuori dallo zaino una cartellina in cartoncino arancione, il mio portafortuna, poggiavo sopra di essa il foglio protocollo a righe, prendevo la penna e tutto iniziava. Come per magia mi ritrovavo a scrivere senza sosta per più di un’ora, isolandomi totalmente dal resto del mondo.
I miei compagni di classe, visti i miei successi con i concorsi scolastici per i temi, e convinti che la cartellina avesse dei poteri magici, a turno mi chiesero di prestargliela. Non ebbe lo stesso effetto (sorride ndr).
Ha lavorato prima a una scaletta o ha scritto di getto?
Il primo libro che ho scritto “Oltre il tempo” mi è venuto di getto. Poi qualcosa è cambiato, forse la maturità artistica. Oggi, ho un diario dove prendo appunti appena arriva l’idea. Faccio uno schema dove inserisco in breve l’inizio, la parte centrale e il finale. Scrivo nome e caratteristiche dei protagonisti e i luoghi dove si svolgerà il racconto. Spesso mi capita di pensare prima al finale e da quel punto costruisco la storia.
Ci racconti quale è stata la scintilla che ha dato vita all’idea…
Senza dubbio la morte di mio padre. Dopo 15 anni dal primo libro e dopo aver perso papà, ho sentito un fuoco vigoroso riaccendersi dentro me. Mi sono messo a scrivere di notte, e dopo venti giorni era terminato (si commuove ndr).
La copertina di un libro resta ancora il punto forte di un’opera, da dove nasce la sua?
Per me la copertina è fondamentale. Quando mi viene in mente una storia da scrivere, la prima cosa che faccio è chiamare mia cugina. Lei è una disegnatrice eccellente e realizza perfettamente quello che le chiedo. Una volta fatta la copertina parto a razzo a scrivere la storia. Senza copertina non inizio mai a scrivere. Ogni particolare fa parte della storia. Il monte Fuji, saggezza, forza, fierezza. Il ciliegio, la fioritura dei sakura, l’eleganza e la rinascita. Kokopelli, il sogno, i desideri che si realizzano e la voglia di vivere.
Non posso non chiederle, per chi ancora non ha letto il suo meraviglioso libro, ma chi è “Kokopelli”?
Kokopelli è la divinità primitiva del popolo Navajo. Simbolo di fertilità, gioia, celebrazione, lunga vita. È anche un menestrello, uno spirito musicale, un narratore, un venditore ambulante, un produttore di pioggia, un guaritore. Viene raffigurato con un flauto che suona danzando portando fine ai periodi di siccità. Si narra che sulla schiena ricurva porti un sacco pieno di sementi per il raccolto dei nativi.
Essendo anche un maestro di Karate, quindi fortemente orientato alla disciplina, pensa che nella scrittura ci sia più bisogno di disciplina o d’istinto?
Senza dubbio l’istinto. In me però convivono entrambi: la disciplina, che mi influenza quando insegno come Maestro nel dojo e l’istinto quando mi trasformo in scrittore.
Nel karate c’è controllo mentre quando prendo una penna in mano non esistono regole o freni, mi lascio andare e seguo il cuore in comune, sicuramente, hanno l’arte seppur in forma estremamente diversa.
Si è documentato durante la stesura dell’opera?
Ovviamente mi sono documentato su alcune cose e luoghi per evitare di cadere in errori banali. I posti descritti come Madrid o Miyama in Giappone li conosco bene perché ci sono stato. Madrid è la mia seconda città in senso affettivo. Per quanto riguarda la malattia degenerativa di cui è affetto Angelo, il ragazzo amico del protagonista del libro, si chiama “sindrome di Guillain-Barrè” o “paralisi di Landry”.
Nel suo libro, il protagonista Rey viene descritto, soprattutto all’inizio, come un ragazzo apatico e demoralizzato. Crede che molti giovani d’oggi vivano questa sensazione, senza un vero scopo? Come mai secondo lei?
Credo che non ci sia troppa differenza tra gli adolescenti degli anni 70-80-90 e odierni. Cambia il contesto, cambiano i mezzi che bombardano questi ragazzi, come i social, le parole, i termini che si usano, ma sinceramente non vedo questa differenza tra me a 15 anni e un ragazzo della stessa età di oggi. Lo dico da papà di un adolescente e da Maestro di karate con allievi adolescenti.
Direi che non manca uno scopo ai ragazzi di oggi, manca il cortile di casa, manca l’amico del cuore, mancano le sbucciature alle ginocchia. Serve dialogo e sinergia tra famiglia, scuola e attività sportiva, con l’adolescente epicentro di tutto, che non deve essere lasciato su un divano di casa con le cuffie e un cellulare in mano in un mondo puramente virtuale.
Mi descriverebbe il suo libro con tre aggettivi?
Sensibile, fantasioso, e spero ispiratore
Quale autore ha influenzato la sua scrittura?
Non mi ispiro ad altri scrittori perché cerco di essere me stesso, anche rischiando il flop. Posso dire con tranquillità che Sergio Bambaren con l’Onda perfetta e il Delfino, ha segnato la mia vita in senso positivo.
In quale momento della giornata preferisce scrivere visti i tanti impegni?
Scrivo di notte. Sia perché è l’unico momento in cui sono solo e rilassato mentalmente, sia perché la notte ha fascino, mistero e nel mio caso l’adrenalina è a picco.
Può anticiparci se ha in progetto un altro libro?
Ho terminato da un po’ il quarto libro e con il prossimo anno ci saranno sicuramente delle novità. Poi ho un sogno nel cassetto: vedere la trasposizione di Kokopelli a teatro e magari in un cartoon.
In quale dei personaggi ti identifichi maggiormente e perché?
In Rey, in realtà al 99% sono proprio io. L’uno per cento fantasia per non realizzare un autobiografia che probabilmente avrebbe annoiato il lettore.
Ci può raccontare, se c’è, un aneddoto sul suo libro?
Quando ancora non avevo pensato alla storia, sono stato in Giappone ho trovato un portachiavi peluche che raffigurava proprio Kokopelli, credo sia stato un segno del destino (sorride ndr).
Perché dovremmo leggere il suo libro?
Perché, credo e spero che leggendo il mio libro chiunque riesca a sognare, ma soprattutto reagire alle avversità della vita, che purtroppo ci saranno sempre. Mi permetto di aggiungere che sognare non solo è un diritto di ogni essere umano, ma bensì un bisogno.
Grazie mille Rodolfo per la meravigliosa e dire emozionante chiacchierata.
TRAMA:
Rey Martinez è un ragazzo intraprendente, appassionato di sport, che vive a Roma insieme alla madre Ally, originaria del New Mexico con sangue Navajo che le scorre nelle vene. La relazione con il padre del suo unico figlio, Diego Adanti, giovane italiano conosciuto durante una vacanza studio negli States, naufragherà poco dopo il trasferimento nella capitale italiana, così la giovane si troverà a rinunciare al sogno di diventare medico e, per crescere il piccolo Rey, diventerà infermiera. Il ragazzo gioca a calcio, e un giorno tornando da scuola viene aggredito da un balordo, che gli ruba la medaglietta di Kokopelli. Affranto, Rey tornerà a casa e manifesterà l’intenzione di iscriversi ad una scuola di arti marziali, anche per emulare il suo eroe Daniel La Russo, protagonista della saga cinematografica di Karate Kid. Ally accetterà di accompagnare il figlio a cercare una valida palestra e coglierà l’occasione per raccontagli la storia di Kokopelli, divinità indiana che incarna la gioia, suona il flauto e preannuncia prosperità, la cui effige fu il catalizzatore che fece scoccare l’amore fra i nonni del giovane.
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