L’ ENIGMA DELL’ALFIERE (The Bishop Murder Case), di S.S.Van Dine
“…Philo Vance è probabilmente il più pomposo e balordo personaggio di tutta la letteratura poliziesca…”
R.Chandler ‘La semplice arte del delitto’
J.C.Robin, campione di tiro con l’arco è stato assassinato con una freccia al cuore sul campo di tiro vicino all’abitazione del celebre fisico B.Dillard. In pochi tragici giorni ci saranno altre vittime, tutto sembra seguire alla lettera le parole di una celebre filastrocca (di Mamma Oca), intanto un misterioso Alfiere invia sarcastici e provocatori messaggi dattiloscritti ai giornali e alla polizia. Il procuratore distrettuale di New York ,Markham, e le forze dell’ordine brancolano nel buio finché Philo Vance accetta la sfida del genio criminale.
Ma chi è Philo Vance?
È il più raffinato, colto, aristocratico investigatore privato di tutta la letteratura poliziesca americana creato da S.S.Van Dine (pseudonimo dello scrittore e critico d’arte W.H.Wright) nel 1926. Nel curriculum vitae del ‘detective per diletto’ c’è una laurea con lode ad Harvard, la specializzazione ad Oxford, lunghi viaggi in Europa ed Estremo Oriente. Studioso dei classici greci e persiani, poliglotta di lingue antiche e moderne; erudito in medicina, chirurgia, criminologia, psicologia sperimentale, etc.
Grazie all’eredità di una ricca zia ha potuto dedicarsi ai suoi costosi e sofisticati hobby: collezioni raffinate di quadri e disegni d’autore, stampe cinesi, prime edizioni librarie, etc. Inoltre Vance è un provetto schermidore, abile giocatore di polo e golf, allevatore ed espositore di cani di razza, magistrale giocatore di poker, valido scacchista, buongustaio amante di cibi e bevande ricercate. Di alta statura, veste con eleganza ( spesso indossa guanti di camoscio e monocolo), ha lineamenti del viso virili e marcati ed ama fumare anche se quasi esclusivamente sigarette marca Regie.
Wright creò questo memorabile e amato/odiato personaggio nel 1926 quando dopo l’insuccesso del suo primo romanzo non poliziesco e una lunga e abbastanza grave malattia volle cimentarsi nella letteratura poliziesca. Anche se era un uomo di vasta e profonda cultura non considerava la poliziesca alta Letteratura ma una sorta di sfida intellettuale, un rompicapo – puzzle ed ottenne soprattutto con i primi romanzi un vasto e quasi immediato successo che gli procurò grande ricchezza e popolarità.
Scrisse anche una sorta di decalogo del genere,una ventina di regole per la precisione, in cui fra il serio e il faceto affermò che il lettore doveva avere le stesse possibilità degli investigatori di scoprire il colpevole, mise al bando soluzioni banali come il maggiordomo o qualcuno delle forze dell’ordine, sostenne che lo sforzo del lettore doveva essere compensato con almeno un cadavere, nessun delitto minore e via dicendo.
Nonostante i novant’anni e passa i suoi romanzi si possono leggere ancora con interesse anche se lascia un po’ perplessi pensare che furono scritti negli stessi anni in cui Hammett, Chandler, ed altri epigoni stavano rivoluzionando il romanzo poliziesco e dandogli finalmente quella dignità letteraria che i critici più arcigni negavano ma questa è un’ altra affascinante storia…da sottolineare che un romanzo di Van Dine, il primo per la precisione ‘ La strana morte del Signor Benson’nel 1929 inaugurò la gloriosa collana dei Gialli Mondadori in edicola che prosegue ancora oggi.
Ottimi attori lo hanno impersonato al cinema e in televisione fra cui B.Rathbone, W.Powell e il nostro G.Albertazzi…signore e signori il delitto è servito…
Recensione di Andrea Pinto
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