LA BADESSA DI CASTRO dalle Cronache Italiane, di Stendhal
“…Traduco questa storia da due voluminosi manoscritti, uno romano, l’altro di Firenze. Ho provato a riprodurne lo stile che è quasi quello delle nostre vecchie leggende. Quello così misurato e raffinato dell’epoca odierna sarebbe stato in disaccordo con le azioni raccontate e con le riflessioni degli autori. Costoro scrivevano nel 1598, sollecito l’indulgenza del lettore, sia per loro che per me…”
Così scriveva all’inizio di questa lunga novella Stendhal che fu pubblicata in due puntate febbraio/ marzo 1839 dalla ‘ Revue des Deux Mondes’ con lo pseudonimo di F.de Langenevais. Nel 1833 quando era console di Francia a Civitavecchia per vincere la noia aveva fatto copiare dei vecchi manoscritti italiani, racconti violenti di avventure che avevano avuto realmente luogo nell’Italia del Rinascimento. Ma in realtà come ben sottolineato nella dotta e interessante introduzione all’ edizione Newton Compton (a cura di Dominique Fernandez ),Stendhal in questa ed altre novelle stampate solo postume a suo nome con il titolo di ‘ Cronache Italiane’ (lui in realtà aveva pensato a ‘ Historiette romaines’ ) a parte la prima ‘ Vittoria Accoramboni’ non si limitava affatto a tradurre ma elaborava sempre più fino ad arrivare alla ‘ Badessa di Castro’ il cui manoscritto originale era di una trentina di pagine scarse mentre la novella finale sfiorava il centinaio.
Ma chi era la Badessa di Castro? Stendhal la denomina Elena di Campireali nata nel 1542, figlia del più ricco patrizio di Albano , signor di Campireali, che aveva sposato Vittoria Carafa a sua volta figlia di nobili possidenti del regno di Napoli.
Nel manoscritto originale si narrava solo della triste fine della giovane diventata badessa, Stendhal inventa la figura del giovane Giulio Branciforte, povero orfano figlio di un capitano di ventura e narra le vicende del loro amore contrastato dalla famiglia per l’assoluto dislivello sociale. Giulio diventerà a sua volta abile soldato , agli ordini del Principe Colonna ed in una azione di guerriglia purtroppo ucciderà l’orgoglioso fratello di Elena. La famiglia farà di tutto per dividere i giovani, Giulio sarà creduto anche scomparso valorosamente in battaglia intanto Elena quasi per noia cederà all’ambizione di diventare badessa e per lo stesso motivo inizierà una scandalosa tresca con un giovane vescovo bello e molto stimato fino a quando non scoprirà la vera sorte di Giulio e le macchinazioni dei potenti per dividerli…
Ma cosa suscitava davvero l’interesse di Stendhal in queste storie del Rinascimento? D.Fernandez sostiene che lo scrittore vi trovava spunto per celebrare la sua idea personale dell’Italia come paese in cui il popolo conformava le proprie azioni ai sentimenti senza badare troppo a considerazioni dettate dalla vanità o da quello che pensava il prossimo. Ma in realtà questa era una Italia più inventata che reale e Stendhal ne era consapevole già solo analizzando lo stile ampolloso ed oscuro in cui erano scritte quelle cronache, tutto il contrario della semplicità e spontaneità e Stendhal varie volte aveva constatato in scritti saggistici o lettere private che lo stile degli scrittori italiani anche del suo tempo era sempre un po’enfatico ed oscuro forse perché nell’ Italia degli staterelli divisi non c’era ancora una sola lingua nazionale ma otto o dieci lingue italiche.
Per questo i suoi italiani sono molto più taciturni e meno preoccupati del pensiero altrui di quanto erano i veri italiani e Stendhal decise non semplicemente di tradurre queste storie ma farne una creazione sempre più originale in cui spesso inventava false citazioni o riferimenti ai manoscritti troppo scarni. Comunque questa novella mi sembra molto godibile e la consiglio agli appassionati di Stendhal che hanno già amato le sue opere più celebri per conoscere il modo di lavorare di questo grande scrittore che fu ben poco apprezzato e compreso in vita perché non erano troppo gradite né le sue tematiche in anticipo sui tempi né lo stile considerato troppo spesso corrivo mentre era fra i più vicini alla lingua delle persone del suo tempo. Le critiche ricevute in vita non minarono la fiducia in sé stesso e intuiva che forse i posteri lo avrebbero compreso di più .H. Balzac, fu l’unico grande scrittore del suo tempo che lo aveva davvero capito e aveva scritto già nel 1839: ” Per me la ‘ Certosa di Parma’ è il capolavoro della letteratura francese della nostra epoca e d’ ogni tempo” e per questo forse Stendhal gli confidava in una lettera.
“… immagino che potrò avere un po’ di successo verso il 1860 o il 1880 …” mentre in una altra aveva scritto e poi cancellato:
“… penso che tra cinquant’ anni qualche topo di biblioteca pubblicherà dei frammenti dei miei libri che forse piaceranno perché sono scritti senza affettazione, o forse perché sono veri…”
Avevi ragione Stendhal e avevi indovinato anche le date…
Recensione di Andrea Pinto
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