LA BIBBIA AL NEON, di John Kennedy Toole
Quanto talento doveva avere John Kennedy Toole se a sedici anni scriveva con tanta semplicità una storia così commovente, amara e disperata.
Quanto avrebbe potuto dare alla letteratura se, incompreso nella sua scrittura ma soprattutto così fragile, non si fosse tolto la vita a 32 anni!
È questo il pensiero che mi ha colpito immediatamente e con forza dopo la lettura di questo libro, poco più di cento pagine, praticamente perfette: lo stomaco stretto e le lacrime agli occhi.
David ha 16 anni; per la prima volta viaggia su un treno che lo porta lontano dal suo paese, profondo sud degli Stati Uniti negli anni Quaranta, e da una vita che in quel posto non può continuare. Non sa dove va quel treno, ma sa che non ha alternative. In un’America retrograda e conservatrice, David e la sua famiglia sono bene inseriti nella piccola comunità, fino a quando il padre non perde il lavoro. Sono quindi costretti a lasciare la casa in paese e a spostarsi sulla collina, in una vecchia costruzione col tetto in lamiera. Le difficoltà economiche (che non permettono di pagare la quota di associazione per frequentare la chiesa locale – confine tra inclusione e emarginazione), l’arrivo di zia Mae, col suo viso dipinto e gli abiti attillati, la guerra, la pazzia, segnano sempre più l’isolamento sociale della famiglia e portano irrimediabilmente alla rapida discesa verso l’irreparabile.
Leggetelo.
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