LA BOFFA ALLO SCECCO Roberto Alajmo

LA BOFFA ALLO SCECCO, di Roberto Alajmo (Sellerio – maggio 2023)

 

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Recensione 1

Una storia popolare narra di un contadino che ogni giorno prendeva bastonate dal padrone, dalla sua famiglia e anche dalla moglie; per sfogarsi, allora, dava uno schiaffo al suo asino, l’unico che non poteva ribellarsi. La boffa allo scecco (lo schiaffo all’asino in dialetto) sta a rappresentare il capro espiatorio ed è l’elemento portante di questo romanzo, il terzo ad avere come protagonista involontario Giovà.

Mariangela, la sorella del nostro, ha deciso di affittare la sua villetta a due fratelli, i quali ben presto si rifiutano di pagare quanto dovuto, con conseguenti discussioni e minacce. Quando poi i due vengono trovati uccisi per la famiglia Di Dio comincerà un vero travaglio: tra interrogatori della polizia e la presenza poco piacevole dello Zzu, l’anziano boss locale che mal tollera ammazzatine nella sua zona senza che lui ne sappia niente, toccherà a Giovà, il “maschio di casa”, tentare di sbrogliare la matassa, questa volta rischiando davvero molto.

Il terzo romanzo con questo personaggio, a parere di chi vi scrive il più maturo, ci ripropone gli aspetti folcloristico-satirici che avevano caratterizzato le opere precedenti, brillando ancora una volta per la prosa fresca e scorrevole e una trama avvincente; a colpire il lettore, poi, non sono tanto i colpi di scena o la “soluzione del caso” quanto le piccole grandi dinamiche che portano alla conclusione. Un giallo veramente non convenzionale, dove si ride tanto (anche se alla fine della fiera ci si rende conto che c’è ben poco da ridere) e dove non mancano gli spunti di riflessione sulle situazioni che, andando oltre il microcosmo di Partanna, riguardano tutte quelle aree, da Nord a Sud, dove la gente si sente/è abbandonata dalle istituzioni.

Di Enrico Spinelli

Recensione 2

Una storia solo apparentemente leggera. Si ha l’impressione, mentre lo si legge, di bere acqua fresca, ma, alla fine,ci si accorge di aver ingurgitato anche una bella quantità di fango, e ci si sente appesantiti e disturbati. Giovà, in questo racconto, è una pedina, una cosa della quale ci si può servire a piacimento. Come non avesse anima e dignità. Certo, si ride molto, Alajmo ha una squisita capacità di usare l’ironia e l’umorismo (posso accostarlo a Wodehouse senza che mi linciate?) e una padronanza lessicale magnifica, ma si chiude il libro con amarezza e sconcerto. Rimane la voglia di partire per la Sicilia e provare a dargli una mano (portandolo via, magari). E una voglia, parimenti forte, di leggere altro di Alajmo e spronarlo a farci sapere presto come va a finire.

Di Paola Pulcini

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