LA CASA DELLE ORFANE BIANCHE Fiammetta Palpati

LA CASA DELLE ORFANE BIANCHE, di Fiammetta Palpati (Laurana – gennaio 2024)

 

 

Questo libro, appena letto, mi ha “spiazzato”. E’ stata la prima parola che mi è venuta alla mente, secca, tanto che non riuscivo a trovare un sinonimo più “alto”. Che vuol dire questo? Che la lettura subito mi ha preso, catturato, non so perché, sconcertato anche.
Chi sei Fiammetta? Cosa vuoi dirmi? Cosa ti agita così intensamente, ti fa lavorare di fantasia, di lingua, di immagini, di odori….?
Che stile è il tuo, che mi arriva come un pugno nello stomaco, mi sommerge, mi travolge, mi provoca, mi interroga?
Tre donne, tre madri, in ognuna di esse ci sono io, le mie storie, le mie paure, le mie domande.
Una casa, vasta, disordinata, piena di umori ed anfratti.
Una piazzetta, un panorama, una cagna, i pollastri, i pulcini, la papera, una damigiana, i vicini.
Una cittadina umbra, Amelia, petrosa e ventosa.

 

 

Un ‘ospite, deus ex machina, presenza sozza, ingombrante e salvifica.
Il cibo, l’orto, la cucina, le medicine, i lavacri, le poltrone.
Un narratore, esterno , ma onnisciente, che commenta, accompagna, lamenta , come un coro greco.
E, in fondo, di una tragedia teatrale si tratta, due atti ed un intermezzo galante; unità di tempo, di luogo e di azione, abbastanza liberamente sviluppati.
Una tragicommedia, come è la vita.
Il tutto si consuma nella settimana pasquale, come un rito di morte e resurrezione, di purificazione e riscatto. Senza per questo arrivare a scrivere la parola fine, che “il mondo, così come è, è inesauribile nel suo enigma”.
Le figure di contorno (che tali non sono), appaiono con urgenza e necessità, come personaggi in cerca d’autore, muovono la scena e poi vanno verso il loro destino.
Il lettore /spettatore è risucchiato nel vortice delle parole, colte, popolari, a tratti volgari, che definiscono un’ azione altrimenti statica e ferma. Accade tutto nel vissuto delle persone, i pensieri premono, si intrecciano, si confondono, si mescolano.

 

 

Loro le donne, le figlie, ma anche le madri, sono orfane e sofferenti, ruminano ricordi, rancore, dolore e pietà. E alla fine è il perdono, un “ triste perdono”, mutuato dalla presenza putrida, oscena, fatale, incombente di suor Modestina, che, come Madre Putativa, le guida, ingombrante e silenziosa, a prendere confidenza , loro malgrado, con il corpo malato e sfatto.
E un libro al femminile. Sono tre amiche, ma potrebbero essere tre sorelle, tre figlie/madri della stessa, eterna famiglia.
Arrivano nella casa, pulite, pudiche, ordinate, intenzionate a fare bene, accomunate dall’idea di risparmiare sulle spese di una badante, decidono di mettere insieme le “mamme” ed aiutarsi tra loro, scambiandosi i ruoli e le incombenze. E alla fine imparano a sporcarsi le mani, lavano, spulciano, disinfettano, mettono bende, mentre con
la mente tornano al passato e rimasticano la loro vita.

Fiammetta Palpati dice che il libro è rimasto fermo per sette anni, non trovando un editore, ma viene il sospetto che sia stata lei a trattenerlo, con forza, presso di sé, “spezzandosi le unghie”, fino ad allentare (colpevole?) la presa finale “Lasciamelo fare , mamma”.
Per nostra fortuna.

Recensione di Patrizia Tazza

 

 

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