LA CASA IN COLLINA Cesare Pavese

Cesare Pavese
LA CASA IN COLLINA, di Cesare Pavese

Primo approccio con questo grande autore, che mi ha sempre un po’ intimorito, per la sua vita complessa, per la sua potenza narrativa, per i temi che affronta nei suoi testi.

 

Avevo paura di non capirlo, di non comprenderne la grandezza, e sicuramente un solo testo non basta, ma da qualche parte bisogna pur iniziare, e così ho scelto un romanzo a tema resistenza.

 

Pensavo di trovare grandi azioni, fughe, nascondigli, sotterfugi, attacchi, rapimenti, staffette, torture…e invece ho trovato una grande, immensa solitudine, una solitudine malata, una solitudine cercata e voluta, un inquietante disadattamento, una fuga sì, ma non da nemici con i fucili spianati, bensì una fuga da sé stessi, dai propri doveri di essere umano.

 

 

 

 

“…mi accorgo che ho vissuto un solo lungo isolamento, una futile vacanza, come un ragazzo che giocando a nascondersi entra dentro un cespuglio e ci sta bene, guarda il cielo da sotto le foglie, e si dimentica di uscire mai più”

Ho provato pena e compassione per il protagonista Corrado, un insegnante e uno scienziato di Torino fuggito dalla città durante la seconda Guerra Mondiale, per trovare rifugio nelle colline appena fuori.

 

“La collina…per me non era un luogo tra gli altri, ma un aspetto delle cose, un modo di vivere”.

E in collina vive da spettatore la guerra e il dopo guerra, l’inizio della Resistenza.

I compagni che decidono di farne parte e quelli che vengono catturati…lui sempre ai margini, incapace di partecipare alla Storia…

“nelle parole c’era qualcosa d’impudico. In certi istanti avrei voluto vergognarmi. Invece tacevo.”

…lui sempre più combattuto tra due poli: la collina e la città, l’impegno civile e il dubbio e l’incertezza, l’uomo e la Storia.

“A volte, dopo aver ascoltato l’inutile radio, guardando dal vetro le vigne deserte, penso che vivere per caso non è vivere. E mi chiedo se sono davvero scampato.”

 

 

 

E poi la presa di coscienza, il superamento dell’egoismo, con la scoperta che “ogni caduto somiglia a chi resta, e gliene chiede ragione”…

“Io non credo che possa finire. Ora che ho visto cos’è guerra, cos’è guerra civile, so che tutti, se un giorno finisse dovrebbero chiedersi: – E dei caduti, che facciamo? Perché sono morti? – Io non saprei cosa rispondere. Non adesso, almeno. Né mi pare che gli altri lo sappiano. Forse lo sanno unicamente i morti, e soltanto per loro la guerra è finita davvero.”

 

Buona lettura!

 

Recensione di Cristina Costa

 

LA CASA IN COLLINA Cesare Pavese

 

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