LA CASA PER BAMBINI SPECIALI DI MISS PEREGRINE (Ransom Riggs)
Questo libro mi attrasse, prima di tutto per le foto, quindi per la trama che colpì la mia fantasia, per questo, nonostante non ami particolarmente il fantasy, mi convinsi a comprarlo.
Le foto contenute qui dentro, in verità, sono anche un po’ inquietanti come, ad esempio, quella bambina che levita in copertina. E quell’acconciatura anni ’30, quella corona, non sembrano inquietanti anch’esse? Dentro però il libro è davvero singolare e attraentissimo. Vi spiego subito il perché.
Superata la copertina, con la foto della bambina volante, il libro si presenterà con una veste grafica assolutamente accattivante, in quanto inizieranno a passare, sotto i vostri occhi, pagine singolari con una fantasia simile a quella delle carte da parati degli anni ’30, quindi la foto suggestiva – su uno sfondo totalmente nero – di una ragazzina il cui viso è illuminato da una luce proveniente dal palmo delle sue stesse mani, proprio come se sorreggesse una torcia…
La carta da parati prosegue poi colorandosi di un delicato marroncino, al centro della cui facciata è scritto “Prologo”, quindi alcune pagine in cui il protagonista racconta l’antefatto e un’altra foto inquietante: il “corpo” di un ragazzo vestito sì, ma… senza testa né mani a cui seguono la stessa bambina levitante della copertina, un ragazzo che sorregge, con una sola mano, un enorme masso, ecc.
Basta questo per attirare la vostra attenzione?
CENNI DI TRAMA
Jacob è un annoiato quindicenne americano e benestante, con un nonno strambo, che gli racconta cose strambe della sua infanzia, e i tipici genitori dell’agiata borghesia statunitense.
Jacob, in estate, lavora, per modo di dire, in uno dei negozi la cui catena appartiene alla famiglia della madre, lo Smart Aid, ad Englewood, una sonnolenta cittadina di mare della Florida. È pigro, annoiato dalla routine e appiattito su sé stesso. Ha pochi amici, ma quello più grande, il più affidabile e affascinante di tutti è suo nonno Abrhaham, detto Abe.
Un bel giorno, proprio nonno Abe telefona al negozio per farsi dire dov’era nascosta la chiave… quale chiave? Quella per aprire un deposito di armi di ogni genere, un vero arsenale da collezionisti capricciosi. Lui sa perché, ma il figlio, cioè il padre di Jacob, che non gli ha mai creduto, gliel’ha sequestrata dubitando seriamente della sua lucidità mentale.
Pertanto, il ragazzo finge di non sapere dov’è, quindi chiama il genitore per avvisare che il nonno era in preda a una crisi paranoica, che parlava di mostri, che stavano arrivando per ucciderlo, e che lui, Jacob, non doveva assolutamente andare lì a casa sua, perché avrebbe facilmente trovato la morte egli stesso.
La soluzione più opportuna, ai genitori di Jacob, non sembra quindi essere altro che quella di mettere il nonno in ospizio, giusto per liberarsi del ‘problema’…
Il nonno era un veterano di guerra, ma non sembrava affatto aver perso la lucidità mentale, nonostante i suoi 80 anni, e le storie che raccontava a Jacob, avevano sì dell’inverosimile, ma erano comprovate da foto concrete!
Nonno Abe era nato in Polonia e, a causa della sua ebraicità era rimasto senza genitori. Se lui si era salvato dalle persecuzioni naziste, era solo perché, a 12 anni, era stato spedito in un orfanotrofio su un’isoletta al largo del Galles. I mostri potevano quindi essere solo i nazisti che avevano invaso la Polonia e catturato tutti gli Ebrei ivi abitanti. Ma il nonno sosteneva, invece, che i mostri non erano i soldati tedeschi: quelli a cui lui alludeva avevano la gobba, la pelle rugosa e gli occhi neri. E la loro andatura era molto simile a quella degli zombi dei vecchi film. In più, puzzavano come liquami di fogna ed erano dotati di tentacoli viscidi fuoriuscenti dalla bocca, che sputavano fuori per risucchiare qualche creatura tra le zanne viscide. << Di loro si vedeva solo soltanto l’ombra >> (pag. 10). Ma il nonno, sapeva combatterli e sconfiggerli a dovere!
Al bambino su questi racconti, per quanto fossero inquietanti, piaceva fantasticare e subire il fascino, ma alla fine, la logica aveva avuto il sopravvento e Jacob aveva capito che non potevano esser veri. Proprio come quelli ancor meno credibili sull’orfanotrofio e i suoi ospiti.
Il nonno lo descriveva come un luogo incantato, << pensato per tenere i bambini al sicuro, su un’isola dove ogni giorno splendeva il sole e nessuno si ammalava o moriva mai. Vivevano tutti insieme in una grande casa, protetta da un vecchio uccello saggio…>> (pag. 10).
Erano protetti – sosteneva Abe – perché gli ospiti di quella grande casa, non erano come gli altri: loro erano Speciali! Speciali perché una bambina, ad es., sapeva volare; un ragazzino aveva uno sciame di api nella pancia; una coppia, fratello e sorella, erano in grado di sollevare pesi enormi fin sopra la testa; e uno era perfino… invisibile!
Mi fermo qui con il narrare altri particolari per non incorrere nelle ire funeste di chi vede rovinata le aspettative che ha sull’eventuale nuova lettura.
Affascinante, no? Vi ho intrigato? Spero di sì. Resterete però ancor più basiti quando vedrete le foto inserite lungo tutto il libro: foto degli anni ’30, se non più antiche, in bianco e nero con le raffigurazioni più strane! Tutte rigorosamente autentiche, che Ransom Riggs, l’autore del romanzo, ha avuto in prestito, da alcuni collezionisti, per allestire e definire la storia del suo libro.
Egli stesso collezionista, al termine della storia, ringrazia i 10 eroici collezionisti, che hanno salvato dal macero, fotografie eccezionali e di valore, cercate pazientemente nei grandi bidoni pieni di vecchie foto ai mercatini delle pulci e nei negozi di antiquariato.
LA CASA PER I BAMBINI SPECIALI DI MISS PEREGRINE è senza dubbio un libro singolarissimo, non solo per la storia narrata, ma soprattutto per l’eccezionalità e l’originalità del progetto proposto: quello di basare la trama di un romanzo su delle foto ritrovate e di cui non si sa assolutamente nulla. E di fantasia Ransom Riggs ha dimostrato di averne da vendere, se si è diplomato al Kenyon College e alla Scuola di Cinema e Televisione della University of Southern California ed è autore di cortometraggi visibili anche in rete, così come è blogger, scrittore di viaggi e collezionista di foto d’epoca.
Un personaggio poliedrico dunque, questo Riggs, che ci ha saputo regalare una storia appassionante dalla prima all’ultima pagina ed è divenuta una saga giunta al quinto volume, che, mio malgrado, non ho ancora avuto modi di leggere.
Ma è pur vero che, nonostante i numerosi punti di forza, il romanzo contiene anche delle pecche.
La prima è quella di aver lasciato andar la mano, verso la fine, dove non c’è quasi altro che un combattimento all’ultimo sangue; l’altra è quella di essersi trasformata (la storia) – sempre verso la fine – in un racconto quasi esclusivamente per adolescenti, dopo aver tenuto il lettore col fiato sospeso per quasi tutta la sua durata. E, alla fine, questa è una pecca di non poco conto.
Lo stile di scrittura però è buono e scorrevole e, all’inizio, anche appassionante perché narra la vicenda in prima persona, tanto da sembrare quasi una storia vera, per il modo in cui è partecipata la narrazione. Infatti, la Fox si accaparrò subito i diritti per l’adattamento cinematografico (lanciato nel 2016), per la regia di Tim Barton, versione di cui sono ancora in curiosa attesa di vederne la riuscita o meno.
Insomma, per concludere, consiglio a tutti la lettura di questo libro non solo da leggere, ma anche per il solo piacere di sfogliare qualcosa di bello.
Recensione di Lena Merlina
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