LA CITTÀ DEI LADRI, di David Benioff
«Le parole che hai sulla punta della lingua… Non dirle. Sorrise e mi accarezzò la guancia con un moto di sincero affetto. Questo, amico mio, è il segreto per vivere una lunga vita».
Il nonno dell’autore racconta finalmente nei dettagli quello a cui in famiglia si era sempre solo accennato di nascosto: come si trovò a 17 anni ad ammazzare due tedeschi durante l’assedio nazista di Leningrado del 1941, per 12 uova e per portare a casa la pelle. In compagnia di una donna cecchino e di un cosacco strampalato, grande seduttore e aspirante scrittore, dopo una partita di scacchi con un maggiore delle Einsatzgruppen, reparti speciali delle SS.
Una bella storia di amicizia e coraggio, raccontata con leggerezza e ironia, senza mai tradirne la durezza.
Benioff è anche sceneggiatore e si vede; la scrittura è naturalmente cinematografica, molto suggestiva. Sa parlare di guerra, fame, abbandono, morte con la semplicità di chi ha capito che la realtà più dura non ha bisogno di essere raccontata con enfasi per risultare terrificante.
E che un sorriso strappato dopo lo sgomento dovuto al racconto di un evento traumatico, contribuisce a fissare in modo indelebile quell’evento nella memoria del lettore.
Insomma non è facile trovare un libro che diverta con intelligenza parlando degli orrori della guerra; Benioff ci riesce davvero bene.
Dal suo romanzo d’esordio, La 25ma ora, Spike Lee ha tratto un ottimo film.
Recensione di Elena Gerla
LA CITTÀ DEI LADRI David Benioff
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