LA CITTÀ E I CANI Mario Vargas Llosa

LA CITTÀ E I CANI, di Mario Vargas Llosa (Einaudi)

Metamorfica la capacità di questo scrittore di adottare registri diversi.

Di saper adattare lo stile alla materia trattata. O viceversa di saper plasmare la molle cera degli avvenimenti narrati in figure e ritmiche dagli umori cangianti, umoristici o tragici o poetici, a seconda delle esigenze creative.

In questo caso, poi, la cosa è evidentissima.

Il romanzo presenta a tratti momenti sperimentali, nei quali la scena sotto gli occhi del lettore si frantuma come uno specchio rotto in baluginanti schegge di un testo che è, e rimane, corale per tutta la sua lunghezza. Ma che in quei frangenti (pochi, disseminati coscienziosamente) servono a dare la misura del caos di voci, gesti e coscienze, che si sdipana nel caldo e gelido alvo della vita di un collegio militare.

Romanzo duro, durissimo, con pochi momenti di vera luce. I cani sono le reclute (le “spine” come diremmo noi italiani) e la loro vita di soprusi fatti e subiti è una continua giostra fisico-emotiva. Che non risparmia nessuno, nemmeno i più scafati.

Romanzo anche assolutamente poetico, romantico, nella tortuosa e delicata vicenda sentimentale di una delle voci narranti principali nel racconto: Alberto, detto il poeta, alter ego dell’autore.

Romanzo sociologico, o sociopolitico, anche e innegabilmente. Nella condanna che il giovanissimo Llosa fa della vita militare e del suo mondo semisommerso, fatto di mezze bugie ufficiali, e di intere verità non istituzionali celate allo sguardo dei civili.

Romanzo consigliato a chi abbia coscienza che per godere del piacere di sbirciare dentro la vita agra e guizzante di una camerata di giovani soldati, un lettore onesto deve essere disposto, oltre che a bere un cicchetto in loro compagnia, anche all’occorrenza a prendersi qualche calcio in pancia da quegli stessi nuovi amici.

Insomma: non adatto ai deboli di stomaco. Ma bellissimo. Cento per cento umano garantito. Como siempre in Vargas Llosa.

LA CITTÀ E I CANI ☆ Mario Vargas Llosa

Recensione di Marcello Ferrara Corbari

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