LA CONTESSA. Virginia Verasis di Castiglione, di Benedetta Craveri (Adelphi – ottobre 2021)
Di Virginia Oldoini Verasis di Castiglione sappiamo, o forse, meglio, crediamo di sapere, che a lei si deve l’inizio del processo di unificazione dell’Italia: è quanto ci è stato tramandato da una narrazione ammiccante, secondo la quale fu grazie a lei se Napoleone III si alleò al regno di Sardegna e diede un notevole contributo alla sconfitta dell’Impero austriaco nella seconda guerra di Indipendenza: un mito alimentato da lei stessa.
La biografia di Benedetta Craveri, raccontandoci anche di questo personale contributo della Contessa a “fare l’Italia”, in parte mette a punto, ridimensionandolo, il ruolo della medesima (non tanto ispiratrice e/o consigliera dell’Imperatore, quanto informatrice di Cavour, che a Parigi l’aveva inviata); per il resto ci dipana tutta la vita di questa donna considerata la più bella della sua epoca (il libro è corredato da una serie notevole di foto e quadri che la rappresentano), dalla nascita alla morte desolata, pressoché dimenticata da tutti o quasi, ma temuta per quanto di imbarazzante le carte da lei conservate avrebbero potuto rivelare se fossero cadute in mani indiscrete; e così, il suo cadavere era ancora caldo, quando l’ambasciatore d’Italia a Parigi mandò un giovane diplomatico, Carlo Sforza, destinato a un brillante avvenire, a distruggere incartamenti e apporre i sigilli all’appartamento dove lei era morta.
La Craveri, raccontandoci fatti e misfatti, fasti, eccessi, cadute e resurrezioni della Contessa, fino alla definitiva e precoce decadenza, ci consegna un libro documentatissimo e, soprattutto nella parte relativa alla prima permanenza a Parigi della Castiglione, gustoso. Il ritratto che di questa donna l’autrice ci fornisce è dettagliatissimo, e, ahimè, terribile nei fatti: una donna egotista, anaffettiva, materialmente interessata, manipolatrice, persuasa di non essere stata apprezzata a dovere da nessuno, pronta a presentarsi come una vittima di tutti.
Quello che di lei mi ha dato maggior disturbo non è la notoria promiscuità (non, a quanto qui risulta, per piacere o per amore, ma per conseguire i propri fini), ma il rapporto con il figlio: cattiva madre, madre cattiva.
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