LA FAMIGLIA WINSHAW, di Jonathan Coe (Feltrinelli)
È un libro complesso questo con cui l’autore, grazie ad una mirabile operazione di sintesi, descrive il piccolo, il particolare per raccontare il grande, l’universale. È sicuramente un romanzo di denuncia della politica tatcheriana ma soprattutto dei personaggi corrotti e senza scrupoli che in quel periodo hanno fatto affari. Il protagonista, Mickael Owen, uno scrittore senza tanti meriti dovrà scrivere la biografia della famiglia Winshaw e così, attraverso le sue ricerche, il lettore ne conosce i membri; tutti personaggi di una immoralità e una ferocia senza precedenti che offrono allo scrittore l’opportunità di approfondire tematiche importanti che hanno caratterizzato il governo della lady di ferro, dalla riduzione dei fondi nella sanità, agli affari non proprio limpidi con Saddam Hussein, al traffico di armi, all’allevamento intensivo.
In un quadro estremamente torbido della società inglese si inseriscono le vicende dei tanti Winshaw che si scoprirà, andando avanti nella lettura, hanno tutti un pò a che fare con la vita del protagonista. Mickael se ne accorgerà un pò troppo tardi, quando sarà già all’epilogo della vicenda costruita con una sapienza narrativa che non lascia niente al caso.
È proprio questo che mi ha colpito, il progetto, l’idea di fondo dello scrittore. Un programma ambizioso e complesso che riesce, attraverso la descrizione di personaggi così simbolici ed emblematici, a denunciare compiutamente le contraddizioni di un Paese con eleganza stilistica e l’immancabile humor inglese che, sapientemente dosato, dona al racconto grande originalità. Detto questo, devo tuttavia ammettere che non mi ha appassionato tanto nella lettura che a tratti, mi è sembrata ostica e poco empatica. D’altra parte, si potrebbe essere empatici con dei personaggi così terribili?
Recensione di Valeria Maggio
LA FAMIGLIA WINSHAW Jonathan Coe
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