LA FIGLIA INUTILE Laura Forti

LA FIGLIA INUTILE, di Laura Forti (Guanda – aprile 2024)

“Un uccello canta meglio sul proprio albero genealogico” è una frase fantasiosa di Cocteau alla quale si è ispirato Jodorowsky per il titolo originale del suo libro “Quando Teresa si arrabbiò con Dio”. Però Jodorowsky non c’entra niente. Questa frase mi risuona dopo aver letto il libro di Laura Forti “La figlia inutile”, edito da Guanda. Dopo “L’acrobata” e “Forse mio padre” l’autrice ricostruisce un altro tassello della sua storia familiare. Il libro è un’indagine intima e sincera sulle tracce di sua nonna Elena Dresner. Non so se Laura Forti avesse in mente Cocteu /Jodorowsky ma, per raccontare questa vicenda che intreccia memoria storica e memoria individuale ricostruita, queste parole deve averle lette bene, anche tra gli spazi bianchi.

“Quindi quello che mi spinge a partire per un’indagine familiare è la sete di libertà. Penso che l’unico modo per non soccombere alla reticenza sia spezzare le catene generazionali. Scrivere per me è sopravvivere”. Per quanto riguarda la nonna, Elena Dresner, c’è ancora un conto in sospeso con la memoria: c’è il mistero di un’urna in una tomba nella zona del cimitero ebraico destinata ai suicidi e ai casi ambigui. Perché la famiglia non ha rispettato le ultime volontà di Elena che avrebbe desiderato che le sue ceneri fossero sparse nella Mosella?

Per ricomporre le tante facce della sua identità, la nipote deve ripercorrere il cammino dei Dresner, del patriarca Giulio, dalla fuga dalla Russia nel 1904 dopo il pogrom di Kishinev: poi l’arrivo a Parigi, dove la famiglia vive la miseria e la condizione di esuli, poi i primi successi e il trasferimento in Italia e le tappe di una integrazione di successo. Nel 1938, con le leggi razziali, i Dresner sono costretti di nuovo all’esilio. In questa Storia si inserisce la vicenda di Elena, l’elemento emotivo, sensuale e vitale, dannoso per una famiglia che considera i sentimenti un lusso inutile che – dopo essere stata cresciuta da una tata in Francia fino all’età di otto anni – viene di nuovo abbandonata nel nostro paese in cui il fascismo è in ascesa.

La scrittura restituisce corporeità a Elena e diventa atto liberatorio per l’autrice.

“Non è il compito della scrittura in generale stanare i fantasmi, ricostruire i corpi e poi spargere le ceneri?”

È anche un libro che esplora la necessità della memoria storica: fatto di un puntuale studio di archivi, documenti, fotografie ecc.

“Certo mi piace conoscere bene i fatti, consultare gli archivi, mettere a fuoco i contesti: è la memoria storica e non può essere cambiata, abbiamo il dovere di portarla e soprattutto di studiarla in modo approfondito.”

Un libro meraviglioso e coraggioso da leggere e riflettere.

Recensione di Cinzia Zanfini Nuovo 

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