LA FRAGRANZA DELL’ERBA RECISA Beatrice Montenegro

La fragranza dell'erba recisa B. Montenegro

LA FRAGRANZA DELL’ERBA RECISA, di Beatrice Montenegro (Edizioni Esperidi)

 

La fragranza dell'erba B. Montenegro

Le vicende di un’amicizia femminile, ripercorse in un lasso di tempo che supera l’anno. E scandite da un efficace senso del ritmo e da una narrazione dal passo deciso, che stimolano il prosieguo della lettura. Un intreccio intrigante di azioni e riflessioni che lasciano col fiato sospeso fino al finale, in cui trova una spiegazione l’odore del titolo.

Le due donne sono Penelope, una psicologa – la voce narrante – dalla vita piena e soddisfacente, e Bianca, la sua migliore amica dell’infanzia e dell’adolescenza. Si ritrovano, un po’ casualmente, dopo qualche anno e Bianca, inizialmente, sembra sfuggire all’amica. Che insiste, però, creando le condizioni perché tornino a incontrarsi.

 

 

Difficile, almeno inizialmente, per Penelope comprendere gli “strani comportamenti” di Bianca. Ma l’affetto e la determinazione l’aiutano a produrre crepe decisive nell’atteggiamento di chiusura e reticenza dell’amica. “Piccoli spiragli” che le permetteranno di ricostruire, seppur con molta fatica e qualche momento di sconforto, i motivi dei disagi di Bianca. Che cominceranno a definirsi nelle pagine finali di un libro che ha il ritmo di un thriller psicologico, ricco però di suggestioni letterarie e poetiche.

 

 

Bianca è una donna complessa che, aiutata dall’amica, ritornerà a combattere riuscendo a rinascere: una donna fenice, l’uccello mitologico simbolo di rigenerazione. Una storia di amicizia e sorellanza, dunque di solidarietà ma anche di fatica e conflitto. Al centro del libro ci sono l’amore e la violenza, ma anche la memoria costruita (e forse modificata) a vantaggio di una amicizia ritrovata. I fatti sono organizzati in una narrazione della cui architettura l’autrice ha il pieno controllo. Ha tutto del buon racconto: struttura, equilibrio, forma, completezza, misura. Che, ahinoi, mancano spesso alla vita.

Recensione di Gabriele Arnesano

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