LA MIRABILE VISIONE DEL LIBRO DI GIOBBE
Sì lo so, è da pazzi scrivere qualcosa sul libro di Giobbe…è da pazzi anche solo pensarci!
Ma ho bisogno di condividere quello che ogni singolo testo mi lascia dentro, chissà magari a qualcuno di voi scatta la scintilla e la curiosità ad andare oltre e ad approcciarsi anche a testi così “inusuali”.
Perché la Bibbia? Perché Giobbe?
Casualità, coincidenze, quarantena…
Ho seguito l’istinto ed ho accettato senza pensarci su, di partecipare ad un corso online sul libro di Giobbe.
Non avevo assolutamente idea di come potesse essere né cosa potermi aspettare. Avevo solo la certezza che chi teneva il corso è una persona “illuminata”.
“Sicuramente ne esco arricchita”, mi sono detta.
Ho affrontato la lettura come faccio sempre, né più né meno. Certo, in questo caso ho avuto la fortuna di avere una guida. Una persona con una conoscenza immensa anche di questo testo polifonico, di questa opera-mondo, di questo codice culturale che va oltre la religione.
Chi è l’autore del libro di Giobbe? Di lui, o di loro, si sa ben poco.
Quel che è certo è che chi ha scritto “questo capolavoro universale è il più grande poeta della Bibbia”.
Il testo è diviso in 42 capitoli, alcuni in prosa, altri in poesia, con il classico stile dello “scrittore biblico”, uno stile essenziale, quasi elementare, ma potente, potentissimo, perché proprio grazie alla sua semplicità, lascia spazi vuoti di mistero, mistero che ha bisogno di silenzio, mistero che inevitabilmente ci fa porre domande, lo scrittore biblico ha bisogno di un lettore attivo.
Ho dovuto leggerlo ad alta voce, avevo bisogno di sentirmelo raccontare, lentamente, come una fiaba…e come una fiaba inizia:
“C’era nella terra di Uz un uomo chiamato Giobbe…”
Il libro di Giobbe è un cammino di iniziazione simbolica e sapienziale, è un cammino di trasformazione, è un viaggio mistico ed iniziatico, è una grande storia d’amore tra Dio e l’uomo.
E’ un viaggio dell’eroe che vive in un eden circondato e protetto da una siepe con i suoi tesori, ma all’improvviso tutto il suo mondo viene rovesciato, distrutto, disintegrato. Le sue certezze non ci sono più, i suoi punti saldi vengono scardinati, così, apparentemente senza motivo.
“Allora Giobbe si alzò, si stracciò le vesti, si rase il capo, cadde a terra si prostrò e disse:
Nudo uscii dal seno di mia madre e nudo vi ritornerò.
Il Signore ha dato, il Signore ha tolto, sia benedetto il nome del Signore”
Giobbe a questo punto è davanti ad una scelta: restare immobile nel suo dolore, in una sterile disperazione oppure morire/mutare e compiersi. Da principe diventare re di sé stesso.
E scegli…sceglie di spogliarsi del vecchio Giobbe e di ri-nascere.
Non sarà un cammino facile, il viaggio iniziatico presuppone prove difficili, presuppone uno stato di coscienza superiore.
Nel suo viaggio di trasformazione cercherà di capire il senso delle prove, non cercherà il colpevole delle sue disgrazie.
La sua è una disperazione attiva, Giobbe è un combattente, un agonista, è ferito ma mai abbattuto e grida…grida la sua innocenza. Sa di aver sempre agito nel giusto, sa di aver camminato sulle orme di Dio.
“Alle Sue orme è attaccato il mio piede, al Suo cammino mi sono attenuto e non ho deviato;
dai comandi delle Sue labbra non mi sono allontanato,
nel cuore ho riposto i detti della Sua bocca”
Non risparmia neanche i suoi tre amici, accorsi al suo capezzale, solo per giudicarlo, per rimproverarlo, accusarlo di aver fatto sicuramente qualcosa per meritarsi tanto dolore.
“Forse per la tua empietà ti punisce e ti convoca a giudizio?
O non piuttosto per la tua grande malvagità e per le tue iniquità senza limite?”
Quello tra Giobbe e gli amici è un incontro/scontro, li chiama “consolatori molesti”, non lo ascoltano con il cuore, non partecipano al suo dolore.
Gli amici di Giobbe rappresentano anche i suoi sensi di colpa, la grande immensa paura di perdere il suo Dio.
Giobbe manda in frantumi l’immagine perfetta che ha di sé, l’immagine di un sapiente sceicco arabo, ricco negli averi e negli affetti, uomo integro ma incompiuto.
Per compiersi dovrà entrare in contatto con i tre mondi: il mondo sotterraneo, il mondo terreno e quello celeste. Dovrà mettere in connessione il suo corpo, la sua mente e il suo spirito.
Giobbe entrerà in profonda relazione con sé stesso, con la natura che lo circonda e con la dimensione divina, attraverso un cammino di straordinaria onestà.
Una figura su tutte mi ha particolarmente colpita: Eliù, un giovane, che si dimostra più saggio dei saggi.
Con la sua straordinaria innocenza e il suo candore, sembra riportare il giusto equilibrio.
Rimprovera i tre amici saggi di aver dichiarato colpevole Giobbe senza aver chiaro di cosa,
“Non sono i molti anni a dar la sapienza, né sempre i vecchi distinguono ciò che è giusto”
e “si accende di sdegno contro Giobbe perché pretendeva di aver ragione di fronte a Dio”.
Eliù forse gli indica la giusta via…”Dio parla in un modo o in un altro, ma non si fa attenzione.
Parla nel sogno, visione notturna, quando cade il sopore sugli uomini e si addormentano sul loro giaciglio”
Forse la chiave di tutto è qui, in questi versi…trovarlo prima di tutto dentro di noi…il Mistero, la Via, la Vita, Dio.
E a dirlo a Giobbe è forse la parte fanciulla che è dentro di lui, non la parte “adulta” troppo influenzata e “corrotta” dalle brutture del mondo.
Ecco quindi che il nostro eroe ha la sua mirabile visione, il suo incontro con il divino, ecco che Giobbe finalmente si compie.
“Io ti conosco per sentito dire,
ma ora i miei occhi ti vedono,
perciò mi ricredo”
Giobbe si è ri-trovato, ha attraversato la sua selva oscura e ha raggiunto la candida rosa.
“Anche se tu non lo sai, sei dentro la Bibbia”
Buona lettura!
Di Cristina Costa
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