LA MORTE DELLA FARFALLA. Zelda e Francis Scott Fitzgerald, di Pietro Citati (Adelphi)
“Così continuiamo a battere l’acqua, barche contro corrente, risospinte senza posa nel passato”.
Queste parole, che chiudono Il grande Gatsby, sono incise sulle tombe di Francis Scott Fitzgerald e della moglie Zelda.
Sono belle parole e rappresentano bene l’inquietudine e i turbamenti di due vite segnate dalla follia e dall’alcool: una giovane donna, affascinante e originale, presto sopraffatta dalla malattia mentale, e uno scrittore di fama, egocentrico e talentuoso, che a modo suo sembra averla amata molto.
In Tenera è la notte, il libro più noto di Fitzgerald, i personaggi di Dick, lo psichiatra, e della moglie Nicole, colpita da schizofrenia, mi avevano molto incuriosito, con i loro chiari riferimenti autobiografici.
Ho letto quindi con interesse il racconto che Citati fa di Zelda e di Scott, delle loro vite dorate tra Costa Azzurra, Svizzera, Stati Uniti, del loro amore e delle sofferenze causate dalla schizofrenia.
Con uno sguardo affettuoso e compassionevole nei confronti di Zelda e una certa freddezza nei confronti di Fitzgerald.
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