LA POSSIBILITÀ DI UN’ISOLA, di Michel Houellebecq
Un romanzo che funziona un po’ a botta e risposta tra Daniel1, nostro contemporaneo, e i suoi cloni che vivono e commentano le sue memorie 2000 anni più avanti.
Fantascienza? Distopia? Forse, ma qui Houellebecq scrive perlopiù della triste condizione umana.
Triste, glaciale, a volte avvilente, lo scrittore non si preoccupa minimamente di indorare la pillola.
Gli esseri umani vivono tre età, la prima in cui non si accorgono di essere felici fino a quando succede qualcosa che li priva della felicità di cui non hanno neanche pienamente goduto. Nella seconda età sono felici ma sono consapevoli che è una cosa passeggerà che presto finirà. Infine, con la vecchiaia, evitano la felicità per sfuggire alla delusione della sua fine.
La società è mossa soltanto dal sesso, l’amore non ha speranza di durare per sempre e quando finisce non si trasforma mai in indifferenza ma in odio. Si vive nella noia e nella falsità dei rapporti interpersonali. Solo i cani sono capaci di amore incondizionato.
Quel che aspetta tutti quanti con gli anni non è l’esperienza o la saggezza, ma il degrado e la vecchiaia.
E allora “perché mantenere funzionante un corpo che non viene toccato da nessuno? Perché scegliere una bella stanza d’albergo se ci si deve dormire da soli”?
Questa è la condizione di Daniel1.
Non resta che il suicidio.
Soprattutto se con la clonazione si è conquistata l’immortalità.
Ma a che prezzo? Ce lo raccontano Daniel24 e Daniel25.
Vivono in un ambiente protetto dai cataclismi e disastri che hanno devastato il pianeta, non conoscono più i piaceri del cibo, dell’amore, della carne… ma non conoscono neanche tristezza né dolore.
Vivono una tranquilla vita contemplativa finché, quando sarà passato il loro tempo, saranno sostituiti da un altro Daniel, identico a loro, che vivrà la loro identica vita.
A meno che non si scelga di andarsene, di incamminarsi verso il miraggio della felicità, verso “la possibilità di un’isola”.
… ma non aspettiamoci un lieto fine.
Un Houellebecq cinico e spietato che descrive un’umanità senza speranza, un libro non facile e non leggero ma che resterà in mente.
Recensione di Monica De Giudici
Commenta per primo