LA PREDA, di Irène Némirovsky
Recensione 1
Fra i libri della Némirovsky letti finora, questo è, insieme a Jezabel, il più doloroso. Il romanzo si apre con una prospettiva di morte: un padre malato, una matrigna rassegnata, due ragazzi inconsapevoli e lui, Jean-Luc, che per sfuggire a quella dimensione di decadenza, è andato a vivere a Parigi, follemente innamorato di una ragazza ricca che desidera sposare, nonostante le differenze di classe.
Ma poi il suo amore viene tradito e Jean-Luc cambia: non concepisce la comprensione o il perdono. E’ un animale ferito che si indurisce, vuole il successo, il potere, l’accesso alla politica e a questo idolo sacrifica tutto: gli affetti, la famiglia, la paternità. Manipola la donna amata, sottomette all’interesse la sua famiglia, si piega ai compromessi: è un ragazzo che ha perso “la leggerezza, l’accecamento e la follia” che sono le caratteristiche essenziali della giovinezza.
Nonostante le impreviste difficoltà, raggiunge gli obiettivi che si è prefissato, ma a prezzo di perdere sé stesso, e quando è quasi in vetta, comprende che ciò che vuole veramente è l’unica cosa che non può assolutamente avere, perché “quello che è davvero difficile da maneggiare siamo noi stessi, il nostro cuore”.
E lui, che era andato alla conquista del mondo, all’improvviso diventa la preda.
Assolutamente consigliato, anche se lascia con l’amaro in bocca.
Recensione di Liria Cannata
Recensione 2
Per me, che preferisco leggere autori contemporanei, prendere questo libro dalla biblioteca che frequento è stato per certi versi un azzardo; tra l’altro non avevo mai letto niente di questa scrittrice ucraina, vissuta in Francia e morta ad Auschwitz nel 1942, dove fu deportata assieme al marito.
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