LA RAGAZZA DI NEVE, di Javier Castillo (Salani – marzo 2022)
Questo libro mi è stato regalato da un amico che ben conosce la mia passione per la lettura di thriller, e mi ha detto che siccome mi piace Joël Dicker, questo mi sarebbe piaciuto molto. Lì per lì non ci avevo dato molto peso, ho dato una rapida occhiata alla sinossi che sembrava interessante, dopodiché l’ho messo nella busta dei libri da portarmi per l’estate e da leggere in barca da lì a pochi giorni; poiché la vita è sempre molto attenta a scombinare i piani di chi cerca di pianificarla, quest’estate è andata in modo un po’ diverso da come l’avevo pensata. Nulla di male, intendiamoci (e per la cronaca, sono ancora al mare), ma sopraggiunti impegni imprevisti hanno fatto sì che “il sacco delle letture” rimanesse intoccato fino a un paio di settimane fa.
Sempre per i misteriosi casi della vita, ho preso in mano questo libro subito dopo “Il caso Alaska Sanders”, di cui ho fatto una recensione (spero interessante) qualche giorno fa. Rileggo la sinossi, do finalmente un’occhiata alla copertina posteriore, e leggo: “Javier Castillo è senza dubbio il nuovo fenomeno della letteratura europea.” Firmato da Joël Dicker. E, a quel punto, mi tornano in mente le parole del mio amico e senza altri indugi mi metto comodo e inizio la lettura.
Il volume consta di circa 340 pagine, quindi non è il mattone tipico di Dicker, e tutte le vicende sono sempre raccontate in terza persona al passato remoto senza una specifica attenzione al personaggio di turno, benché non sia molto difficile indovinare chi è il centro gravitazionale della storia. Ma, a parte queste due discordanze, ci sono molte analogie. La struttura, che è un continuo salto spaziotemporale, lo stile, che è scorrevole anche se descrittivo (e talvolta diversivo), la storia, che mette in mostra impietosamente i (molti) vizi e le (poche) virtù dell’essere umano.
Ho trovato la lettura di questo libro un po’ più difficoltosa di quello di Dicker perché l’autore qui gioca molto con i sentimenti del lettore, rendendo pesante in modo certosino una storia che è crudele di suo (una bambina rapita, e quando si scoprirà il perché sarà anche peggio) e intersecandola con altri filoni narrativi che spesso ti fanno dubitare del fatto che l’essere umano abbia davvero un’anima. Ecco, qui Castillo sa davvero giocare con i sentimenti del lettore, perché lo conduce verso scelte etiche che non tutti sono in grado di tollerare.
Diciamo che, nonostante io sia un tipo molto resistente agli alti livelli di “cattiveria”, dopo questo libro avrò bisogno di un romanzo “leggero”, e quindi probabilmente andrò a pescare un volume delle avventure scritte da Clive Cussler; non so se vale solo per me, questo dovrebbe confermarmelo chi ha già letto questo libro, ma al termine di questa lettura serve un periodo di “decompressione”.
Quindi, in sintesi, trovo che Castillo sia stato molto “ispirato” da Dicker come stile di scrittura generale, benché mantenga comunque una mano più “pesante” nell’atmosfera generale. Di conseguenza è una lettura che a chi piace Dicker, ha moltissime chance di piacere, viceversa è meglio saltarlo a piè pari. Tra l’altro questa similitudine fra gli autori è molto visibile nell’epilogo finale, per motivi che scoprirà chi vorrà leggere questo libro che, a mio avviso, è davvero bellissimo.
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