LA RIBELLE, di Valeria Montaldi
“la Senna aveva il colore del piombo fuso e, sotto le arcate del ponte vorticava in gorghi fangosi da cui affioravano rami spezzati. La corrente li sollevava, li faceva ruotare, poi li inghiottiva verso il fondo”
Ecco cosa sta osservando Caterina da Colleaperto in una Parigi del 1254 mentre si reca in segreto alla dissezione di un cadavere tenuta dal suo maestro Rolando Lanfranchi. Caterina, infatti, è un medico che ha studiato a Montpellier e poi in seguito a eventi spiacevoli ha raggiunto Parigi dove ha iniziato a praticare la professione medica presso l’ Hotel Dieu.
Apparentemente la sua vita è tranquilla e scorre liscia dividendosi tra il suo lavoro all’ospedale, clienti privati dell’aristocrazia parigina e simposi di medicina. Senonché un giorno la sua posizione comincia a vacillare, Caterina deve scegliere tra far morire una giovane di parto, o salvarla eseguendo un parto cesareo.
Caterina decide di intervenire e da quel momento i problemi la inseguono, inoltre anche il suo mentore non che amante la ferisce.
“Quando aveva cominciato a raccontare a Rolando di come aveva deciso di affrontare quel caso difficile, si aspettava di ricevere elogi….Non l’aveva rimproverata ma quel suo silenzio e quel congedo frettoloso erano stati più che eloquenti”
Dopo una serie di altri spiacevoli eventi Caterina decide di abbandonare Parigi e raggiungere Milano dove vivrà nuove esperienze di amicizia e conoscenza nonostante la sua figura di donna medico venga vista con diffidenza.
La figura della protagonista è basata sulle figure di donne medico realmente vissute in quegli anni come Ersenda e Rebecca Guarnera, e scopo del romanzo è quello di mostrare quanto il pregiudizio e la diffidenza potessero influire in quegli anni sulla condizione sociale e personale di donne coraggiose.
Di base si nota una certa cura nella ricerca di informazioni sulla professione medica nel medioevo e anche l’ambientazione è ricca di dettagli. Ma alle volte ho ritrovato troppi personaggi minori che hanno appesantito la storia assieme a troppi riferimenti ad arredi, tessuti decori sugli abiti.
Anche alcune riflessioni di Caterina sembrano un po’ improbabili in una donna del 1200. Nel complesso raggiunge solo la sufficienza e non ne consiglierei la lettura , il meno riuscito tra i romanzi della Montaldi.
Recensione di Chiara Vicomario
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