LA SAGA DELLA FIGLIA DEL BOIA, di Oliver Pötzsch
Sono usciti finora sei romanzi:
1) La figlia del boia (2008);
2) La figlia del boia e il monaco nero (2009);
3) La figlia del boia e il re dei mendicanti (2010);
4) Il mago e la figlia del boia (2012);
5) La figlia del boia e il diavolo di Bamberga (2014);
6) La figlia del boia e il gioco della morte (2019).
L’autore discende, senza vergognarsene manco un poco, dalla famiglia dei Kuisl, alcuni membri della quale per tre secoli si sono avvicendati nel decisamente ingrato mestiere del boia. Il personaggio centrale di tutta la saga non è infatti la figlia dei titoli (anche perché col tempo diventano due), bensì il gigantesco Iacob Kuisl, ispirato a un antenato del nostro scrittore realmente boia di Schongau in Baviera nella seconda metà del ‘600.
Diciamo subito che la cornice storico-geografica è impeccabile. Addirittura in ogni volume troviamo cartine topografiche e, alla fine, persino un’appassionatissima guida turistica dei luoghi in cui sono ambientati i romanzi, con un simpatico confronto tra i foschi paesaggi secenteschi e le ridenti località a cui oggi essi corrispondono.
Ma quelle che sono veramente intriganti sono le truci vicende narrate, conformi ai dettami del thriller storico, ma con uno spirito autenticamente originale. Tra orrendi delitti e nefandezze varie, in cui la tortura è un tema conduttore, si delinea l’umanità di un boia che rivela una mentalità illuminata, sa far soffrire ma sa anche curare, si batte contro la superstizione e, soprattutto, odia la violenza gratuita. Fa il suo terribile lavoro con abilità chirurgica per evitare che altri lo facciano con sadismo e perversione. Iacob Kuisl non è infatti l’unico boia ad entrare in azione. Altri suoi colleghi non sono “umani” come lui, e per le vittime si mette male davvero…
Per giunta i boia descritti non sono i personaggi peggiori… Insomma, le vicende, come è tipico di queste storie, avvincono il lettore con un ritmo serrato dovuto alla malvagità e alla pericolosità degli intrighi, in cui è difficile non lasciarsi coinvolgere emotivamente.
L’autore tuttavia non si fa prendere la mano dall’effettismo becero e sa glissare sui particolari più morbosi, anche quando descrive delle atrocità inaudite. È vero, un po’ di “stomaco” per il lettore ci vuole, ma neanche tanto, ammesso che si abbia interesse per questo genere narrativo.
E alla fine la numerosa famiglia del boia, diciamolo pure, suscita una simpatia irresistibile…
Recensione di Pasquale Vergara
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