YLA SCHIUMA DEI GIORNI, di Boris Vian (Marcos Y Marcos)
Recensione 1
“Schiuma: Massa instabile costituita da un agglomerato di minutissime bolle d’aria, che si forma sulla superficie di un liquido fortemente agitato o riscaldato o in fermentazione”.
Ecco la spiegazione scientifica del romanzo di Boris Vian.
Boris Vian ha talmente agitato la realtà tanto da frantumarne gli schemi.
Un cocktail fruttato di immagini capovolte, miscela di sogni e incubi, fantasia e immaginazione fra le note edulcorate del jazz.
Amore e morte in uno scenario manomesso dal continuo lavorio della mente nell’immaginarsi le cose più astruse, irreali, strampalate.
Del resto soltanto chi conosce la banalità della realtà, configurata in schemi preconfezionati (amore compresso nel barattolo della marmellata, lavoro spacciato per nobilitante, religione esaltata come misericordiosa) può schiumarla a tal punto da far galleggiare in superficie tutte le sue impurità.
E in questa nuova verità, fra il “Il favoloso mondo di Amélie” e “Alice ne paese delle meraviglie”, nonché le originali fiabe truci e violente dei F.lli Grimm, il nascere di un amore che profuma di alta poesia: Colin ama Chloè.
“Ti ho già detto che ti amo tanto, sia all’ingrosso che al dettaglio.”
E tutt’intorno è grande, luminoso, fantasmagorico: il sole brilla, i fiori profumano, le cose sorridono, compreso il topino dai baffi neri che accompagna fedele tutta la storia. L’amore puro che ingigantisce le sensazioni, le emozioni, le parole, le atmofere tutte.
Ma la realtà, seppur manomessa, ha intrinseco il proprio destino nell’imprevibile fine.
La vita si presenta come una bambola matrioska: sembra grande ma nello sfogliarla ti trovi in mano soltanto un piccolissimo seme intagliato nel legno.
E cosi Il sole da splendida stella ardente non è altro che un’immensa carcassa stanca che infiamma per inerzia; i fiori si insinuano nel petto in un’atmosfera umida e malaticcia, la gente diventa fantoccia, la fede
(“perché Gesù hai fatto questo?”
“Non è di mia competenza, tu sei diventato povero”)
e l’amore si comprano a suon di “dobbloncioni”.
Un consiglio. Se vi decidete di leggere “La schiuma dei giorni” dell’allora ventisette Boris Vian, condannato a spegnersi a 39 anni per il suo cuore malato, non ponete domande e non vi aspettate un romanzetto rosa o un libretto poeticamente ingenuo e divertente.
Infatti, che domande ci si può mai porre quando si legge di un mondo in cui pesci e anguille nuotano per le tubature della città e per pescarli basta aprire un rubinetto; dove un pianoforte miscela cocktail a seconda della melodia suonata; dovi i topi sono ospiti desiderati in ogni appartamento; dove la morte altrui è un fatto di ordinaria amministrazione; dove le nuvole avvolgono gli innamorati per ripararli dagli sguardi indiscreti e dove il male più terribile è rappresentato da una splendida ninfea che cresce nel corpo di una ragazza nel fiore degli anni?
Che cosa ci si può aspettare da un autore che decide di esprimere la sua volontà di andare contro corrente attraverso le dissonanze sociali spacciate per regole e armonie?
Togliete i tappi alle bottiglie preconfezionate e poste in una rigida filiera ordinata, decodificate la realtà e godetevi la lettura immersi nella luce psichedelica e allucinogena di un immenso caleidoscopio di immagini, suoni e sapori giacché, alla fine, “L’amore raccontato da Vian è l’amore che salva tutto, compreso il proprio destino”.
Recensione di Patrizia Zara
Recensione 2
Non solo scrittore, Boris Vian era un artista poliedrico, instancabile, ribelle: trombettista jazz, cantautore, direttore artistico di un’etichetta discografica, ingegnere, traduttore, ha scritto oltre cinquecento canzoni, una decina di romanzi e poi racconti e pièces teatrali. La sua prosa surreale, poetica e disincantata, i suoi neologismi onomatopeici e stravaganti, i dialoghi elementari, le immagini trasognate di una realtà distorta sono alla base di questa favola d’amore struggente e folle, che si intreccia con le passioni di Vian: il jazz, l’antimilitarismo, la filosofia, anche una vena anarchica. Daniel Pennac ha definito La schiuma dei giorni un romanzo da leggere più volte nel corso degli anni: a diciotto anni prevale la griglia interpretativa della passione amorosa, a quaranta quella della critica sociale, a sessanta quella del pessimismo e della tragedia che tutto annulla.
La storia è volutamente semplice: Colin, un giovane bello e ricco, si innamora di Chloé, una bellissima ragazza. Meglio: Colin decide di innamorarsi, incontra Chloé e si innamora. Si sposano, ma poco dopo Chloé si ammala di un male terribile: le cresce una ninfea nei polmoni, e l’unica cura consiste nel respirare il profumo dei fiori. La loro storia d’amore si intreccia con quella dell’amico Chick con la sua Alise, minata dall’ossessione per Jean-Sol Partre; il libro è infatti anche una satira scanzonata e beffarda dell’esistenzialismo di Sartre.
La Schiuma dei giorni straripa di immagini; eccessivo in tutto, è un mondo a colori accecanti e senza sfumature, in cui sono naturali pianoforti che sfornano cocktail, nuvole che nascondono gli amanti, topolini allegri e benvoluti. All’improvviso però tutto cambia, i colori svaniscono, la grande casa di Colin e Chloé si spoglia di tappeti e quadri, le pareti si restringono e opprimono, il mondo si ripiega su se stesso e mostra la realtà grigia della sofferenza e della morte.
Vian ha vissuto intensamente una vita breve, mai soddisfatto di un solo impegno, insofferente delle limitazioni – malato di cuore dall’adolescenza, non rinunciava a suonare la tromba – pieno di passione, di poesia e di crudele visione della vita, come un bambino che osserva il mondo con occhi fiabeschi e cinici. Tutto questo è nel suo libro, scritto con un lessico pirotecnico e surreale che il traduttore Gianni Turchetta ha saputo rendere benissimo, anche se certamente è consigliabile anche la lettura in lingua originale per coglierne tutte le sfumature.
Non ha avuto successo mentre l’autore era in vita: scritto nel 1947, era forse troppo moderno per i lettori dell’epoca; solo di recente è stato rivalutato. Nell’edizione italiana della Marcos Y Marcos, oltre alla prefazione di Ivano Fossati (che ha cantato una delle canzoni di Vian, Il Disertore) troviamo anche una bellissima intervista a Daniel Pennac; il regista Michael Gondry ne ha tratto nel 2013 il film Mood Indigo.
Recensione di Simona Vagaggini
Recensione 3
La schiuma dei giorni è un libro inafferrabile, tra le cui pagine scorre un surrealismo magico prima ovattato e soffice, poi torvo e claustrofobico. L’atmosfera è assurda, i personaggi si muovono in un’ambientazione urbana che ci viene però raccontata da Vian con uno stile arzigogolato, arricchito da neologismi e da un’ironia pungente.
È un libro sull’amore soverchiante, l’amore per cui si è pronti a tutto, l’amore che però, come ogni cosa, è effimero e perituro. La schiuma dei giorni è anche una mordace critica sociale della borghesia, con le sue passioni irrazionali – come ad esempio l’ossessione di Chick per lo scrittore Jean Sol Partre (evidente scimmiottamento di Sartre, celebre amico di Vian).
È un libro pregno di riferimenti musicali, enogastronomici e chi più ne ha più ne metta; Vian dopotutto era un intellettuale poliedrico, dai mille interessi e dallo spirito anarchico. Stranissimo, sicuramente non un libro per tutti. Per leggerlo bisogna essere pronti a fare un viaggio, abbandonarsi alle allegorie di cui è costellato il tragitto. Un libro che insegna ad amare, vivere ma probabilmente anche a morire
Recensione di Tommaso Aprigliano
LA SCHIUMA DEI GIORNI Boris Vian
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