LA SINAGOGA DEGLI ZINGARI, di Ben Pastor (Sellerio – ottobre 2021)
Tre giorni dopo aver concluso la lettura di questo dodicesimo romanzo delle serie di cui è protagonista Martin Bora (tanto è il tempo che mi è stato necessario per emergere dal gorgo del coinvolgimento), posso darne un giudizio misurato e obiettivo: il libro, scandito in tre parti (Don – Volga – Moldava) è bellissimo; la seconda parte, con la narrazione degli eventi di Stalingrado, è semplicemente magnifica.
Ufficialmente questa è una serie gialla, ma la definizione di genere le sta stretta ed è decisamente ingenerosa; se di “genere” si vuol parlare, questi sono innanzi tutto romanzi storici – ricordate? “Misti di storia e d’invenzione” – poi romanzi filosofici. O forse il contrario? Forse è più importante la riflessione del protagonista sulla giustizia, sulla moralità delle scelte, alla narrazione degli eventi da cui la riflessione scaturisce?
Martin Bora, ufficiale prussiano in servizio nella Wermacht e aggregato all’Abwehr, è un personaggio fortemente dinamico, una dinamicità morale che viene rappresentata anche attraverso i suoi spostamenti sui vari teatri di guerra: l’Aragona della guerra civile spagnola, la Polonia del 1939, la Francia da poco conquistata, Creta immediatamente dopo la conclusione dell’omonima battaglia, la Russia degli effimeri trionfi e quella delle sconfitte del 42/43, infine l’Italia; all’inizio non ha dubbi di sorta sulla sua condizione: anche se per motivi di buon gusto dal nazismo non si sente per niente attratto, è tuttavia sicuro del suo ruolo di soldato e del suo dovere di mantener fede al giuramento militare, nonché del buon diritto del suo patriottismo; man mano che la guerra di Hitler si svela per quello che è, è protagonista di una evoluzione interiore, che se non gli impedisce di combattere, nel contempo gli impone di trasmettere prove sui crimini di guerra, e proteggere per quanto possibile chi è in grado di aiutare. Ma a Stalingrado c’è solo da difendersi e cercare di salvare i suoi sottoposti.
Che altro c’è da dire? Ben Pastor conosce bene, innanzi tutto, gli eventi di cui parla, poi è una notevole narratrice e una notevole scrittrice; italiana ma naturalizzata statunitense, scrive in inglese; non sono in grado di leggerla in lingua originale, ma credo che il fascino delle sue descrizioni, la ricchezza della scrittura siano già presenti in quella; aggiungo che la traduzione di Luigi Santovito è senz’altro fascinosa.
Avviso per chi volesse farsi convincere a leggere i romanzi con Martin Bora: Pastor è stata pubblicata inizialmente da Hobby&Works, poi, non è un caso, da Sellerio; i 12 volumi finora leggibili non sono usciti secondo l’ordine cronologico degli eventi. Su Martin Bora esiste una pagina su Safari (Google).
Recensione di Anna Ciammarughi
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