LA SPARTIZIONE, di Piero Chiara
Come un quadro di Antonio Donghi, pervaso da un’atmosfera di realismo e fantasia, così Piero Chiara rappresenta sempre, nelle sue opere, la vita provinciale e quasi fantastica di Luino, cittadina a lui prediletta, adagiata sulle sponde orientali del lago Maggiore.
Una serie di eventi uniti da realtà e immaginazione, impressi sulla tela di un’ordinaria quotidianità popolare e borghese. Anche ne “La spartizione” accade questo, romanzo breve dai toni esilaranti che narra una storia dal tragicomico epilogo. Emerenziano Paronzini, è un impiegato statale alla disperata ricerca di una donna benestante ma non bella da cui lasciarsi mantenere.
Un giorno fa ingresso in casa delle sorelle Tettamanzi, nubili eredi di un modesto patrimonio, tre donne mature ma di una bruttezza singolare che ispirava ripugnanza negli uomini. Le attenzioni del protagonista cadono su Fortunata, la più giovane e professionalmente realizzata, che sposa in breve tempo.
La storia si fa però fortemente ironica quando Emerenziano, dopo il viaggio di nozze, inizia a intrattenersi di nascosto con le cognate, tra le stesse mura domestiche, dedicandosi ogni notte a una di loro e intensificandone i rapporti in una spartizione senza gelosie. Un racconto umoristico e leggero, scritto con una prosa ineccepibile, in cui l’autore condensa i temi ricorrenti della sua produzione letteraria, rappresentandoli nella cornice di un piccolo mondo lacustre dove si esibiscono i vizi, le virtù, il moralismo dei suoi abitanti, strappando un sorriso che si fa tanto indulgente quanto più i personaggi sono coinvolti in situazioni scabrose e grottesche.
Un divertissement narrativo degno di una sceneggiatura per il grande schermo come quelle che un tempo venivano dirette da Steno o Luigi Zampa. “La spartizione” apparve nelle sale cinematografiche nel 1970, grazie alla trasposizione di Alberto Lattuada che lo adattó con il titolo “Venga a prendere il caffè da noi”, in cui Ugo Tognazzi prestò il suo volto per interpretare il protagonista.
Recensione di Gennaro Truglio
Commenta per primo