LA VERSIONE DI BARNEY, di Mordecai Richler
Barney Panofsky, canadese di religione ebraica, produttore televisivo di sit com che lui stesso giudica inutili, ma redditizie, schifezze, sembra incapace di prendere la vita seriamente e non rinuncia alla battuta e al paradosso nemmeno quando questo gli costa il matrimonio.
Dopo aver sposato una poetessa, che muore suicida, seguita da una ricca signorina dell’alta borghesia che, esasperata, lo lascia e per tutto il romanzo lo perseguita col suo livore, Barney incontra infine il grande amore, la dolce ma decisa Myriam, che lo abbandona quando comprende che pur amandola, il marito non cambierà mai e non rinuncerà al lato divertente, ma profondamente infantile, del suo ego.
Giunto dunque all’età della vecchiaia, il rissoso e ironico Barney decide di scrivere la cronaca della sua vita allegramente dissipata e scorretta, vissuta tra whisky e sigari, per difendersi una volta per tutte dalle accuse del nemico di sempre, Terry Mc Iver: veniamo così a conoscenza dei suoi esordi nel quartiere ebraico di Montreal, della giovinezza a Parigi, della passione per l’hockey e del rancore verso il padre, nonché della sua mania di scrivere lettere false ma plausibili ai giornali e all’emittente radiofonica per la quale lavora Myriam, fino alla fissazione per i nomi dei sette nani.
Solo una risposta sembra impossibilitato a dare: è veramente innocente dell’accusa di omicidio lanciatagli da Terry?
Un romanzo scoppiettante, intelligente, politicamente scorretto, ma vero fino in fondo, scritto magistralmente, uno di qui libri che fanno venir voglia di vivere: una lettura consigliata a tutti quelli che si aspettano che un libro li rapisca.
Recensione di Valentina Leoni
LA VERSIONE DI BARNEY Mordecai Richler
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