LA VOCE DELLA NOTTE, di Rafik Schami
Ambientato a Damasco, la città più antica del mondo, “La voce della notte” è un libro che parla.
Aprendo questo piccolo scrigno, è fondamentale sentire la voce che ne fuoriesce, solo così le immagini, i sapori, gli odori e i colori si staglieranno nitidi e renderanno giustizia alle storie raccontate.
L’autore, Rafik Schami è nato nel 1946 nel quartiere cristiano aramaico di Damasco. Nel 1971, costretto all’esilio, si è trasferito in Germania dove ha studiato chimica a Heidelberg.
Oggi è tra i più noti scrittori di lingua tedesca, i suoi romanzi sono stati tradotti in 21 lingue e hanno vinto numerosi premi. La sua lingua, travalica le traduzioni, tedesco, siriano, italiano…, sono solo dettagli, come recita il titolo è la voce della notte che deve essere ascoltata.
E in questo, la traduttrice Chiara Belliti, editor e professionista delle parole, pistoiese di nascita, ma cosmopolita nella vita, è stata davvero fedele al testo che aveva fra le mani. “La voce della notte” è in primo luogo una testimonianza di tradizioni, che nonostante tutto, non si perdono mai, è l’Oriente che si concretizza davanti ai nostri occhi, è voce per raccontare e dar vita alle parole che ancor prima di essere scritte, sono orali. “La voce della notte”, è un coro di voci, fra queste spicca quella del narratore bambino, uno dei personaggi, che potrebbe essere Schami stesso, lo inseguiamo per i viottoli e le botteghe di Damasco, dove tutto l’intreccio si srotola intorno alla figura di Salim, il cocchiere che ogni giorno trasporta passeggeri divertendoli con le sue fantastiche fiabe. Damasco è famosa per la sua arte del narrare e Salim è indiscutibilmente il più bravo di tutti i narratori. Piccolo e magro, la sua voce è possente e profonda. Incanta e trascina nei luoghi più remoti, dal deserto dorato, al mare più azzurro e distante, nella foresta più intricata o nella grotta più profonda e paurosa. I suoi clienti adorano essere cullati dal dolce suono delle sue fiabe, mentre percorrono le strade piene di magia, sapori e profumi della città.
Accade però che una notte Salim rimanga vittima di un misterioso incantesimo perdendo la voce. Soltanto un dono prezioso potrà spezzarlo. Muto e disperato, il vecchio Salim lascia che il soccorso venga dall’esterno.
Saranno i suoi più grandi amici, sette compagni di narghilè e racconti notturni, a cercare la soluzione dell’enigma. Per sette notti, ognuno di loro gli dovrà fare un dono prezioso, raccontando una storia. Ecco che al cader della notte, le storie vengono narrate dagli amici, per una notte, ognuno diventa narratore e svela un grande segreto tenuto nascosto fino ad allora.
Storie fantastiche di maghi e principesse si mescolano ai sapori e gli odori del fare quotidiano e del narghilé. Verranno raccontate storie meravigliose, come quella del contadino che vendette la sua voce al demonio, dell’emigrante nella lontana New York, del re bugiardo e della sua collezione di menzogne, fino all’ultima, impensata e risolutiva, quella che restituirà la voce al suo narratore.
Vincendo le resistenze dei compagni del marito, Fatima racconta una storia femminista e pacifista, riuscendo ad incantare con il potere evocativo della parola e la forza della fantasia. Proprio come una rondine che torna a solcare il cielo.
Come nei grandi intramontabili racconti del “Decameron” o dei “Caterbury Tales”, lo stratagemma narrativo è quello di far parlare gli altri. Addirittura il piccolo amico di Salim (Schami) sospetta che si sia inventato tutto e che non abbia mai perso la voce.
Nonostante questo grande dubbio, la sua ammirazione per Salim rimane immutata e non esita a buscarle da un grosso bullo di quartiere quando costui ne parla male. Salim, vedendolo tutto ammaccato poco dopo il pestaggio, invece di ringraziarlo, lo sgrida: «Devi vincere con la forza delle parole, non con la violenza». (p.201).
Già, come il racconto di Fatima. Una grande lezione di vita, civiltà e parità di genere, oltre la poesia e la magia delle fiabe d’Oriente.
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