L’AMICIZIA PRIMA DEI SOCIAL
LA SIMMETRIA DEI DESIDERI, di Eshkol Nevo
Recensione 1
Mi hanno regalato un libro bellissimo, un regalo vero, si poteva chiamare banalmente l’amicizia prima di Facebook, sarebbe stato un titolo perfetto, ma inflazionato. Quello che ricordo dell’amicizia ai tempi in cui non esisteva Facebook e nemmeno la Rete, le mail, gli sms l’ho trovato scritto lì, qui , ne La simmetria dei desideri, un romanzo di Eschkol Nevo , forse il più bravo scrittore mediorientale in circolazione.
L’ho trovato scritto nell’amicizia di quei quattro amici che guardano la finale dei mondiali di calcio del 1998. I libri non sono mai, banalmente, la verità, ma è vero che noi eravamo più o meno così, come quei quattro amici. Una cosa che ricordo bene, ad esempio, è che pensavamo l’amicizia come una fede: non importava in cosa credere, ma era importante credere, tutti assieme e non sarebbe bastata la simpatia né qualsiasi altra vicinanza sentimentale.
A tenerci uniti era la certezza che stavamo combattendo insieme una qualche sotterranea guerra, di cui poi non capivamo neanche molto. Questo faceva diventare tutto necessario, irrimediabilmente necessario, scambiandoci il segreto della nostra tristezza o della nostra euforia: essere amici significava condividere un segreto. E poiché non esisteva Facebook, essere amici significava fare delle cose. Non parlarne, o raccontarle: farle.
Se cerco di ricordare momenti precisi che significassero amicizia, vedo scene in cui sempre stavamo facendo qualcosa. E mai in casa. Esisteva un momento netto, preciso tra l’alzare il culo per andare a fare cose e il vivere le amicizie. Anche quando ci scrivevamo, era una cosa particolare, la lettera era un gesto. Le telefonate interminabili (ciò che di più vicino riesco a immaginare al chattare odierno, detesto chattare e chi mi conosce lo sa) ce le tenevamo per le fidanzate: tra noi amici sarebbe stato ridicolo.
Parlavamo molto, naturalmente, ma era sempre roba cucita addosso ad un gesto. Ci sarebbe parso tremendamente inutile frequentarci via computer. Non avremmo saputo cosa dirci. Quando invece anche solo il “tornare da giocare a calcio o da tennis “diventava uno spazio perfetto, di camminate memorabili, e parole a lungo nascoste. C’ entravano il sudore addosso, le scarpe slacciate, e il pallone, sporco da far schifo, le racchette scordate tra le mani. Quelle erano amicizie profonde. Forse, ma solo forse, intendiamo dire che quelle di Facebook non lo sono: sono solo amicizie diverse.
Ma la realtà non è così semplice. Se un termine tramonta un perché ci sarà, e la parola profondità, sta scomparendo. Era il nome che associavamo a una certa intensità, ad una forza da formaggino Tigre, ma era un nome probabilmente inesatto, non c’entrava la forza …provo a dirlo meglio: in genere la “profondità” che tendo ad attribuire adesso, a distanza di tempo, a quelle amicizie non sembra aver influito sulla loro resistenza al tempo. Alcune se ne sono andate, altre sono rimaste, come se una regola non ci fosse: ha tutta l’aria di essere una faccenda tremendamente casuale. E se mi trovo ancora attaccate addosso persone con cui tornavo da giocare a pallone, è vero che tante altre amicizie che erano analogamente “profonde” se ne sono andate, perse come un anello in un prato. È bastato alle volte uno spostamento minimo, un niente, e già non c’ erano più.
Così quelle che sembravano spade nella roccia sono diventate sassolini portati via dalla prima onda del mare. Da giovani non potevamo immaginarlo, ma la verità è che si può essere sassolini ma anche spada nella roccia, noi eravamo proprio così.
In questo romanzo c’è tutto questo, ma anche tanto, tanto altro. Per questo e mille altri motivi, vale la pena sedersi, mettere il telefono silenzioso, e ritrovarsi con una parte di noi, forse la più bella, quella che ci ha fatto sognare. Tutto qua.
Recensione di Alessandro Musco
Recensione 2
La simmetria dei desideri Di Eshkol Nevo
Il tempo deve scorrere diversamente in Israele. Mentre leggevo questo libro non riuscivo a pensare ad altro. Avevo la sensazione che raccontasse una vita intera, mentre seguivo l’evoluzione dei personaggi, ma alla fine sono passati solo quattro anni. Quattro più i ricordi del passato. Quattro più le paure per il futuro.
Quattro sono anche gli amici protagonisti del racconto e quattro sono i desideri.
Quattro sono anche gli anni tra due coppe del mondo di calcio.
Quattro i cardini su cui si poggia la narrazione: l’amicizia come frontiera della nuova famiglia; i ricordi che cementano; l’amore come spinta propulsiva; l’equilibrio come scopo finale. Facciamo cinque con il calcio. E sei con Sasha Cohen.
Che sia tutta un’immane metafora della questione israeliana? Non ne ho la più pallida idea. Non mi sembra, ma non mi stupirei. Gli scrittori questo fanno: ti raccontano di fattorie, ma parlano di politica. Di parlano di balene, ma intendono il mondo intero.
Io mi sono goduto la storia senza troppe domande, affascinato dai desideri, senza cercare risposte a ogni costo che non siano … come va a finire.
Recensione di Antonio Di Cesare
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