L’ANNO IN CUI IMPARAI A RACCONTARE STORIE, di Lauren Wolk
Questo libro è stato paragonato più volte a “Il buio oltre la siepe”, testo straordinario e denso di contenuti profondi, che tocca temi di grande attualità con un linguaggio semplice, adatto ad ogni tipo di età.
E’ stato questo paragone a convincermi a leggerlo. L’ho finito già da una settimana ma ho aspettato a recensirlo. Dovevo calmarmi e tornare a respirare. Ho letto le ultime pagine in apnea e tra le lacrime.
Ce ne vuole per farmi piangere davanti ad un libro… ne ho letti tanti di tutti i tipi e so gestire e analizzare le mie sensazioni.
Con questo ho faticato molto, perché, così come “Il buio oltre la siepe”, ha toccato diverse corde del mio essere in modi diversi ma molto forti.
Ho letto questo libro come una ragazzina: ho ancora il ricordo vivido di quando sono arrivata a undici anni nella città che mi ha poi adottata e in cui tutt’ora vivo. Non è per nulla facile inserirsi ed integrarsi in una comunità già formata. Le alternative erano due: o restare un po’ ai margini come ho fatto io, sentendo addosso tutto il peso della diversità che durante l’adolescenza è un problema enorme e che ti rimane addosso per sempre…
O fare come Betty… Io non lo so cosa è giusto e non ho preteso risposte dal libro. Ho aggiunto domande in più alle mie riflessioni.
Ho letto questo libro come una giovane con l’enorme dilemma addosso di confidarsi o meno con i genitori. Mi è capitato anche questo… Annabelle mi ha fatto rivivere attraverso il suo racconto dei ricordi che resteranno dolorosi per sempre e che nuovamente riaccendono domande senza dare risposte.
Ho letto questo libro come una studiosa interessata ad una testimonianza di un qualcosa che è stato e il cui eco è ancora presente tra noi. Toby è quel sopravvissuto che ha visto e toccato l’orrore e che se lo porta dietro come un fucile pesantissimo ma rotto e inutilizzabile.
Ho letto questo libro come una madre… Cosa succederebbe se al posto di Annabelle ci fossero le mie figlie? E’ giusto intervenire? Qual è il momento opportuno per farlo? Essere genitori è il mestiere più duro al mondo al pari di essere figli…
Ho letto questo libro come un qualunque spettatore che assiste ad una ingiustizia e non può farci nulla.
Gli eventi precipitano sempre più velocemente e tu sei lì e vorresti fare qualcosa e invece tutto ti scorre tra le mani e accade l’inevitabile nel tempo di un respiro.
Quando leggi un libro e senti scorrere la tua vita a ritroso mentre le pagine vanno avanti, stai assistendo allo stringersi di un legame.
Io l’ho messo sul mio comodino, certa che arriverà il momento di rileggerlo ancora e ancora.
Recensione di Rita Annecchino
L’ANNO IN CUI IMPARAI A RACCONTARE STORIE, di Lauren Wolk
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