
L’ARMARU, di Mariacristina Di Giuseppe (Navarra – maggio 2025)

“Oggi, Donna, ti celebro così, regalandoti questa recensione, un inno alla tua forza e al tuo infinito contributo alla nostra umanità.”
Quando ero bambina e andavo a trovare mia nonna materna, lei abitava in una casa al primo piano di una zona periferica e molto antica, la trovavo spesso a trafficare dentro un grosso armadio della stanza da letto che, al mio arrivo, richiudeva prontamente con una chiave d’epoca che portava sempre al collo.
Ero affascinata da quel mobile misterioso e spesso mi chiedevo cosa potesse celarsi al suo interno. Un giorno, spinta dalla curiosità, decisi di sbirciare di nascosto: scoprii che all’interno c’erano vecchi vestiti impregnati di talco, lettere ingiallite dal tempo e fotografie sbiadite di un’epoca lontana. Ogni oggetto racchiuso in quell’armadio era un frammento del suo passato, un pezzo di storia familiare che nonna custodiva con amore e nostalgia. Ricordo ancora l’odore di naftalina e talco che permeava l’aria e la sensazione di essere trasportata in un tempo remoto, dove ogni oggetto raccontava una storia.
Non ho mai saputo cosa realmente contenesse in tutto: i figli, nonché i miei avidi zii, alla sua morte hanno smantellato tutto senza delicatezza e riguardo. Ecco perché penso che spesso i libri ci scelgono, per fare pace con il passato e con i ricordi.
“L’armaru” è un libro che non ho scelto volontariamente, tuttavia è come se mi fosse caduto dal cielo accompagnato dalla voce di un passato che profuma ancora di talco e melodie ataviche.
Nel suo affascinante romanzo “L’armaru”, Mariacristina Di Giuseppe ci guida in un viaggio attraverso il tempo, intrecciando storie e memorie che riecheggiano tra i ripiani e gli angoli polverosi di un vecchio armadio. Il cuore di questo libro pulsa di emozioni e racconti che si svelano gradualmente, come se ogni pagina aprisse una nuova anta di questo magico mobile, rivelando segreti generazionali e sogni dimenticati.
Agata, la protagonista del romanzo, insieme con lo spirito della nonna Lena, ci conduce attraverso il racconto con una delicatezza e una profondità che rendono la sua storia universale e al tempo stesso unica.
La scrittura dell’autrice è un canto d’amore eterno, dove le voci delle donne dell’isola più bella del mondo risuonano con forza e dolcezza, intessendo il passato e il presente in un abbraccio di memoria, nostalgia e dolce malinconia senza fine.
“La Sicilia ti carezza con la meraviglia e l’estasi, e ti schiaffeggia con il dolore e la disperazione.”
È impossibile non essere trascinati in questo universo di storie che ci ricordano con un’evocazione di canto l’importanza empatica di chi ha vissuto prima di noi e il legame viscerale con una terra che si schiude in
“un giardino segreto, saturo di profumi, di umori, di specie sconosciute, di forza, di arroganza e di estrema dolcezza.”
L’atmosfera onirica e surreale del romanzo è avvalorata da presenze spirituali che aggiungono una dimensione incantevole alla narrazione. In questo mondo sospeso tra sogno e realtà, le voci delle donne si levano in un coro armonioso, cantando il loro vissuto con passione e intensità. I sogni si mescolano alla realtà, creando un universo in cui i confini tra il possibile e l’impossibile si dissolvono, lasciando spazio a un’immaginazione fertile e straordinaria. Questo senso di meraviglia permea ogni pagina, rendendo l’esperienza di lettura un viaggio indimenticabile.
Uno degli aspetti più affascinanti del romanzo è la metafora dell’armadio (il titolo in siciliano) che diventa il custode delle memorie e delle esperienze di intere generazioni. Ogni cassetto, ogni scaffale, è un pezzo di vita vissuta che si intreccia con le altre, creando una trama di storie che si arricchiscono reciprocamente e celano segreti indicibili. Di Giuseppe ha saputo rendere tangibili le emozioni e i ricordi, permettendo al lettore di immergersi completamente nell’universo che ha creato.
Lo stile teatrale dell’autrice aggiunge una dimensione unica al romanzo. La narrazione è ricca di descrizioni evocative e dialoghi vibranti, capaci di trasformare ogni scena in un vero e proprio palcoscenico. I personaggi prendono vita con intensità drammatica, e le loro interazioni sono cariche di emozioni profonde, come se fossero attori che recitano una pièce teatrale. Questo approccio rende la lettura un’esperienza coinvolgente e visivamente potente, trasportando il lettore in un mondo in cui le parole diventano immagini e le emozioni si fanno palpabili.
La prosa è elegante e poetica, capace di evocare immagini vivide e suggestive, con aspetti comici che alleggeriscono e arricchiscono la narrazione. Il ritmo della narrazione è avvolgente, come un abbraccio caldo e confortante che ci accompagna dalla prima all’ultima pagina. Le descrizioni dettagliate e la profondità dei personaggi rendono il romanzo un’esperienza immersiva e indimenticabile.
“L’armaru” è un inno alla memoria e alla forza delle donne, un tributo alla loro capacità di custodire e tramandare storie che altrimenti andrebbero perdute. È un libro che ci invita a celebrare il valore delle connessioni con l’empatica intelligenza emotiva tipica della Donne con la “D” maiuscola.
Nota: Questo romanzo è tratto da una pièce teatrale.
Recensione di Patrizia Zara
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