L’ARTE DI ESSERE FRAGILI (Come Leopardi può salvarti la vita), di Alessandro D’Avenia.
Recensione 1
La condizione di fragilità coinvolge fatalmente ogni cosa che vive e, dunque, per eccellenza, l’uomo vivo.
Con questa frase riassumo il libro in questione.
Niente di più e niente di meno.
Alessandro D’Avenia sarà un ottimo professore amato dai suoi giovani studenti ma come scrittore non riesce proprio a coinvolgermi neppure con questo libro che ha protagonista assoluto Giacomo Leopardi, personaggio che ha accompagnato tutta la mia adolescenza.
Insieme a Leopardi io ho sognato di attraversare volando la linea dell’orizzonte immaginando mondi infiniti, ho contemplato le stelle appollaiata su un ramo come un passero solitario, ho fissato la luna argentea speranzosa che mi donasse un po’ del suo candido colore argenteo. Con Leopardi ho desiderato rompere i confini delle mura familiari e spaziare tra terre con volti e lingue sconosciuti.
Abbiamo sofferto assieme, io e Leopardi, la perdita di quella spensierata fanciullezza cercando con tutte le forze di andare avanti e non farci travolgere dal cinismo e dal mondo adulto.
E con Leopardi ho sofferto le prime pene d’amore tracciando cuori trafitti nei diari.
Leopardi era vivo, io sono viva e come tutte le cose vive, eravamo e siamo fragili. Prendendo consapevolezza di ciò abbiamo fatto della nostra fragilità una forza per combattere il disinganno di una natura bellissima ma egoisticamente assente, la freddezza nei volti dei nostri simili proiettati verso il conformismo e l’omologazione. Che fatica, lo ricordo ancora.
E oggi contemplo la foto di mia sorella Silvana come Leopardi ricordava la sua Silvia.
“Quando beltà splendea
Negli occhi tuoi ridenti e fuggitivi,
E tu, lieta e pensosa, il limitare
Di gioventù salivi?”
Non so che cosa ha scoperto Alessandro D’Avenia con questo suo libro su Leopardi fra l’altro scritto in maniera così confusa e contraddittoria, ripetitiva e noiosa che non porta a nessuna conclusione se non quella di leggere le poesie, i canti, gli scritti Leopardiani in esso riportati.
Certo non è adatto per una lettrice come me che preferisce nutrirsi alla fonte cioè leggere direttamente gli scritti del Leopardi senza spiegazioni aggiuntive contorte e a volte fuorvianti.
Non è adatto per una lettrice come me che ama il bello nella semplicità, nella spontaneità, nell’istintiva recezione dei sentimenti: il libro di D’Avenia è una forzatura adatta per invogliare gli studenti giovani amanti dell’eccessivo filosofare, assetati di conoscenza e di esperienze, acerbi e privi di passato, ad avvicinarsi a Leopardi
O ancora a chi di Leopardi non ha mai letto niente.
Libro presuntuoso, autocelebrativo, pomposo, palloso e soporifero peggio di un saggio ostico che si è costretti a studiare per un esame universitario.
Ripetizioni a gogò, alterazione dei concetti originali per fare entrare nella bottiglia messaggi del bello, buono e vero. Privo di quell’intimità epistolare che si crea fra amici sinceri
Giacomo Leopardi non ha bisogno di questo, la sua esasperata voglia di vivere è chiara e lampante ne “L’Infinito”, nelle domande del Pastore errante, la sua voglia di amare in ogni passo dello Zibaldone, la sua amarezza e la sua malinconia in ogni suo verso, la disperazione in ogni riga, che tenerezza che grandiosità, che unicità di parole. Leopardi è ed è stato un piccolo bruco che nascondeva dentro di sé la bellezza delicata e tenace di una farfalla che si è rivelata nei suoi versi, nelle sue poesie. Una farfalla dalla vita breve ma intensa dove sa che la morte è un argomento di cui può liberatamene parlare soltanto chi è ancora in vita.
Non leggete questi libri infarciti di melensa, di falsi eroi, di falsi miti: cogliete il sapore del frutto originale non nei surrogati commerciali.
“Come Leopardi può salvarti la vita” ma, poi, perché affidare tale responsabilità, fra l’altro ingannatrice, a un poeta che nella sua breve vita ha dovuto sopportare fardelli, fisici e familiari, non indifferenti? Leggete Leopardi con animo aperto e cercate di scrivere voi quello che vi trasmette e confrontatelo con altri senza vanto, senza gloria ma soltanto per il gusto e il piacere di farlo così come si contempla “Notte stella” di Van Gogh” o l’infinita luminosità dei “Girasoli”.
La vita vale la pena di essere vissuta sebbene ci squarcia la carne, fragile e debole, disegnando sulla pelle continue cicatrici.
Non viviamo da morti prima di morire.
Un bacio a tutti.
Recensione di Patrizia Zara
Recensione 2
Per chi ha amato e ama ancora Leopardi quanto me, per chi lo ama anche di più e addirittura per chi non lo ama.
D’Avenia ha avuto un’idea geniale, quella di parlarci di Leopardi, della sua grandezza e di quella sua fragilità tutta umana, confezionando un romanzo epistolare, dove l’autore scrive immaginarie lettere al giovane poeta di Recanati.
Naturalmente non c’è risposta alle missive che, capitolo dopo capitolo, egli invia al Poeta; ma non importa. Leopardi risponde con i suoi versi, con le sue prose intelligenti, con le sue domande. Attraverso la stesura di queste lettere, D’Avenia ci racconta l’uomo: «…fu invece un cacciatore di bellezza, intesa come pienezza che si mostra nelle cose di tutti i giorni a chi sa coglierne gli indizi, e cercò di darle spazio con le sue parole, per rendere feconda e felice una vita costellata di imperfezioni…»
Tra le pagine del libro si entra in contatto con Giacomo Leopardi, quasi in intimità; l’autore ci svela passioni e tormenti, mentre cerca di rendere giustizia al poeta con troppa facilità definito “pessimista”: «Sperare non è il vizio dell’ottimista, ma il vigoroso realismo del fragile seme che accetta il buio del sottosuolo per farsi bosco. Insegnaci, Giacomo, quest’arte di sperare.»
Nelle duecento pagine del libro abbiamo l’occasione di rileggere alcune delle opere immortali di Leopardi, L’Infinito, La ginestra, A se stesso e la parafrasi che ne fa D’Avenia è molto interessante; lo stile dell’autore è incantevole e garbato, spesso poetico ed è un piacere leggere “insieme a lui” quei versi immortali.
Un paio di note mi sento di fare: la prima è che (come già in altri suoi libri), D’avenia infarcisce le pagine di “credo” e religione, l’onnipresenza di Dio è pesante (dal mio punto di vista,ovviamente). Io avrei preferito un approccio più laico nei confronti di Leopardi, a maggior ragione per Leopardi che era senz’altro agnostico se non del tutto ateo. Alessandro D’avenia invece in alcune pagine sembra voler accomunare alcuni passi della Bibbia alle opere del nostro Giacomo e li riporta integralmente nelle pagine.
Inoltre non ho apprezzato particolarmente la trascrizione delle lettere che lui, in quanto insegnante e scrittore, riceve da molti alunni, da ragazzi e ragazze adolescenti che hanno tratto giovamento dalle letture dei suoi romanzi. Lo trovo troppo autoreferenziale e un po’ narcisistico. Sono certa che D’Avenia sia un insegnante eccellente, però queste lettere (molto intime, tra l’altro) non avrei voluto leggerle qui, in questo contesto.
Al di là di questo, “L’arte di essere fragili” merita di essere letto perché è comunque un gran libro, perché avvicina il lettore alla magia intensa dei versi straordinari di uno dei più grandi poeti al mondo. Leopardi merita questo e ancora di più.
Recensione di Lauretta Chiarini
Dovrei riprenderlo in mano e darci una ri-lettura…