L’AVVENTURA TERRESTRE Mauro Covacich

L’AVVENTURA TERRESTRE, di Mauro Covacich (La nave di Teseo 2023 – febbraio 2023)

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É questo il primo effetto del tumore, regredire? Vanificare gli sforzi di emancipazione da una esistenza subalterna? O forse si tratta solo di scarsa abitudine alle abbuffate, un modo per rimarcare una fragilità, in fondo la sua nuova raffinatezza.
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Finisco un libro che mi ha stupito sin da subito: dalla copertina rossa, dal titolo e dalla prima pagina. Non conoscevo Mauro Covacich e sono felice di aver visto questo libro sullo scaffale dell’emporio nella zona balneare in cui sto finendo le mie vacanze. Inizio a leggere e mi è chiaro subito non solo che la storia si dipana su due piani narrativi, uno in prima persona e l’altro in terza, ma anche che questa lettura è tutto fuorché facile. Il linguaggio forbito, i riferimenti artistici e letterari, il flusso di pensieri costante del protagonista. Procediamo con ordine. “Lui”, che è anche chiamato con i soprannomi affibbiati dalla sua compagna ma di cui non si conosce il nome, scopre che il problema all’orecchio di cui soffre da un po’ non è acufene, come giustamente spera, ma altro.

Il dottore parla di una neoformazione…e necessitano accertamenti. La storia copre qualche giorno, dalla notizia al giorno in cui deve fare la risonanza. Comincia così un viaggio dentro i pensieri del protagonista…un flusso continuo e incessante in cui si alternano ricordi, desideri, paure. Riemergono eventi e persone del passato e la perenne domanda “e se allora avessi preso un’altra scelta?”. La paura porta “lui” a mettersi su internet e fare ricerche nel tentativo di empatizzate con altri “malati” un po’ per esorcizzare ed un po’ per capire al punto da bloccare la paura. Perché parliamoci chiaro di fronte alla parola “neoformazione” tremiamo tutti. Tutti. Ed allora, dopo una difficoltà iniziale (dovuta anche al fatto che ci sono dei capitoli in cui la narrazione è in prima persona e si narra di una presenza che guarda “lui”, e che solo “lui” vede, in momenti cruciali della sua vita e che gli dice frasi lapidarie come “morirai” “tornerai”) e dopo aver impiegato tempo per empatizzare con il protagonista e per entrare a pieno nella storia, mi sono trovata avvinghiata al fiume di pensieri del protagonista. Mi sono immersa nel suo stato d’animo e mi sono chiesta: “E se ricevessi io questa informazione medica?”.

Ed ecco che il romanzo è diventato specchio per riflettere profondamente. Sul sangue, sul cuore, sui pensieri, sulle scelte, sulle decisioni, sugli errori. Covacich è davvero grande nel vivisezionare emozioni e stati d’animo, nello scandagliare paure e timori.

La vita, la morte, la fede, l’amore. Grandi temi che quando zia ha paura di morire diventano finestre su cui è necessario affacciarci.

Scrive senza veli, senza fronzoli e senza possibilità di fraintendere. Il corpo e la mente messi a nudo. Il corpo, che ci accoglie e ci custodisce, che crediamo di guidare ad un certo punto della vita diventa “estraneo”, nemico. É davvero così?

Ho chiuso il libro consapevole di aver imparato qualcosa, di aver conosciuto opere artistiche e letterarie, di aver riflettuto su canzoni i cui testi sono illuminanti. Ho chiuso il libro consapevole di essermi regalata una esperienza.

Ci sono libri che di certo non vanno letti sotto l’ombrellone come ho fatto io ma che è bello leggere. Libri arricchenti.

Covacich non tralascia nulla e questa precisione, emotiva e relazionale, mi piace molto.

È necessario arrivare alla fine del libro per capire il legame tra il protagonista e quella presenza del passato, per capire quanto è profondo il libro. E arrivare alla fine è doveroso…oltre che necessario. Il lettore non riesce a staccarsi da “lui”, non può e non vuole.

Non lo consiglio…trovo sia un libro di non facile lettura, non mi assumo questa responsabilità.

Chi vorrà regalarsi del tempo per riflettere sulla vita lo leggerà.

Io intanto ho preso tutti gli altri libri di questo autore.

Maria Elena Bianco

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