LE COSE DELLA VITA, di Paul Guimard (L’orma)
“Saprò mai in quale attimo il conto alla rovescia di quei secondi è inciampato nell’irreversibile”?
2 secondi. Solo 2 secondi hanno strappato Pierre alla vita di ogni giorno: un grave incidente d’auto e ora lui è tra la vita e la morte, orizzonte insondabile. 2 secondi spesi forse esitando a un semaforo giallo… chissà dove stanno quei secondi che cambiano tutto.
Questo libro mi è stato consigliato da un caro amico ma ho aspettato tanto a leggerlo perché dovevo essere dell’umore “giusto”. Non so cosa sia “giusto”, non chiedetemelo, fatto sta che non ho atteso invano.
È un libro che per diversi motivi ho vissuto intensamente, un libro di cui ho patito ogni singola frase. È come se con un coltello qualcuno mi abbia inserito ogni parola di Guimard sotto la pelle. E bruciano, bruciano da matti!
“Le cose della vita” ci parla di morte, ma allo stesso tempo è un inno alla vita, perché non ci può essere l’una senza l’altra. Abbiamo mai pensato a quante piccole cose ogni giorno diamo per scontate, e invece non lo sono? Quante cose vediamo senza guardarle, sentiamo senza ascoltarle? Addentare una mela, lo sciabordio delle onde sulla spiaggia, il profumo delle campanule, l’acciaio di una maniglia… quanto ci passa accanto e noi quasi non ce ne accorgiamo! Viviamo superficialmente.
“In realtà si vede soltanto ciò che rientra nel campo visivo limitato dai paraocchi delle nostre preoccupazioni presenti. [] Quante meraviglie elargite invano di fronte alle nostre palpebre semichiuse!”
Fondendo la voce della prima persona singolare con quella del narratore esterno, Guimard scrive un libro tragico, in cui la disperazione e la solitudine che ci sembrano inammissibili se applicati a noi in realtà ci si attorcigliano intorno come rampicanti. L’umanità andrà avanti, ma noi? Cosa succede quando sta per esplodere una stella?
Quante cose ci sarebbero da dire su questo libro, e quanto poco riesco a esprimermi. Ci metterò un po’ a riprendermi, è stata una lettura tremenda, fatta con il contagocce: una goccia dietro l’altra a corrodere il punto di caduta.
Mi guardo attorno, e basta.
“Amo le parole e le idee, le loro combinazioni e contraddizioni. Sappi però che, tirando le somme, le troverai senza peso. Milioni di “altri” continueranno a impiegare le mie parole, le mie idee sulla morale, l’amore e la giustizia, Jung o la guerra del Vietnam. La mia assenza non sarà la causa di un vuoto invisibile e non susciterà nemmeno un mezzo sospiro in questo concerto dagli esecutori intercambiabili. In compenso, lo slittino Rosebud sarà dato alle fiamme, tu romperai il bracciolo della mia poltrona, il piccolo dipinto del mio studio finirà a prendere polvere in una soffitta, i fiori appassiranno, i profumi si dissolveranno, le cose moriranno, perché con me muore il gusto segreto che nutro per loro, e per loro, solo per loro, io sono insostituibile.”
“[] chiunque non abbia intrapreso un viaggio simile al suo ha la tendenza a reputare banali e universalmente condivise certe conoscenze. Come la consapevolezza che ogni istante può essere l’ultimo. Tutti lo sanno, ma non ci pensano mai. Lui invece non smette di averne coscienza, e lì sta tutto il discrimine.”
Recensione di Benedetta Iussig
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