LE FARFALLE DI EBENSEE, di Maria Pia Trevisan (Edizioni La memoria del mondo)
Ho fatto un piccolo viaggio all’estero.
Ho dimenticato di portarmi un libro, praticamente la mia “copertina di Linus”.
Trovare libri in italiano in piccoli paesi del nord Europa mi è risultato difficile sia per il tempo limitato a disposizione, sia perché avevo un percorso quasi obbligato. Che ho fatto?
Ho scaricato l’app di Kindle.
Premetto che preferisco il cartaceo: l’odore della carta, tastare la consistenza delle pagine, sentire il fruscio dei fogli, guardare i colori della copertina e il susseguirsi delle lettere stampate, “gustare” un mondo in una storia!
Amo ripercorrere i passaggi sottolineandoli con la matita, e mi sento più vicina alla storia stringendo al petto il libro prima di chiuderlo e riporlo in comodino o libreria.
Ma nella vita necessità virtù, si dice!
Allora ben venga il Kindle perché io senza lettura mi sento maledettamente male.
Ho scelto di leggere “Le farfalle di Ebensee” sia per le esigue pagine, sia perché mi sono trovata, lungo il percorso, ad attraversare quei posti che hanno dato vita alla più grande tragedia umanitaria (olocausto).
La scelta si è rivelata azzeccata!
La leggerezza poetica dei passaggi, l’armonia delle parole, la delicatezza dell’argomento trattato, fanno di questa storia un memoriale storico e personale di grande impatto emotivo.
La storia entra in punta di piedi nel mondo del passato storico e individuale con la prepotenza di un battito d’ali creando un uragano di dolore e d’amore.
Mi è piaciuta la narrazione, ho percepito l’afflizione e con essa il fiorire di un Amore Umano e Universale tra le macerie della sofferenza.
Un percorso quello di Stefano (il protagonista), raccontato con tenerezza e con tanto coraggio ma soprattutto con profondo dolore, che diventa Storia attraverso i suoi ricordi e le sue parole dette e taciute: un’immersione in quei luoghi che non solo sono memoria per lui ma anche per il resto dell’umanità.
A Ebensee (uno dei sottocampi del campo di concentramento di Mauthausen, in Austria, dove furono deportati circa 27 mila prigionieri di cui quasi un terzo morì lì) tutto ciò che resta rimane conservato per poter essere tramandato non solo con pietre, oggetti, immagini e documenti, ma anche attraverso la testimonianza di tutti quei cuori spezzati ma sopravvissuti a un’esperienza tragica e meschina.
Le “farfalle di Ebensee”, attraverso la figura di Stefano, diventa un percorso di guarigione personale e accettazione della propria natura, un percorso per trovare in sé la forza di andare oltre la contingenza del presente, andare verso un futuro ignoto, ricostruendo le propria esistenza sulle ceneri di una guerra che si è portata tutto, principalmente ciò di più caro: le persone da lui amate.
E nonostante ogni volta il protagonista ritornando in quei luoghi rimane impietrito dalle sue emozioni tanto da sentirsi sempre più vecchio e stanco, riesce a esorcizzare il male, (e qui mi viene in mente il capolavoro della “Vita è bella” di Roberto Benigni) portando sempre con sé qualche nuova storia da raccontare alla sue nipotine, descrivendo quel luogo come qualcosa di magico e incantato, popolato da gnomi e folletti, in cui ogni primavera le farfalle di Ebensee tornano insieme al profumo dei fiori a invadere l’aria e il cuore di tutti i bambini e di tutti gli uomini e le donne che passano da quelle parti.
E se è vero che il corpo sana le ferite molto più velocemente della mente e del cuore, è altrettanto vero che bisogna trovare il modo giusto per andare avanti e non lasciarsi mai sopraffare dai ricordi dolorosi quando decidono di riaffiorare dai loro nascondigli come fantasmi impazziti ogni volta che si ascolta una parola, si respira un profumo o si compie un gesto familiare.
Il passato bisogna guardarlo dritto negli occhi con la consapevolezza che la parola chiave per andare avanti è “Amore” per se stessi e per tutta l’umanità.
Alla luce degli eventi attuali mi sa che il passato non insegna nulla!
L’uomo è un essere che si nutre del male per poi commemorare le vittime di cui si è nutrito.
Che essere recidivo e imperfetto!
Recensione di Patrizia Zara
Presente nei 5 libri per non dimenticare la libertà negata
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