La nostra redazione ha intervistato Alessandro Zaccuri, che ha vinto il Premio Boccaccio per l’edizione del 2022 con il romanzo Poco A Me Stesso (Marsilio, 2022); romanziere e saggista, Zaccuri si è fatto apprezzare dai lettori con romanzi come Il Signor Figlio (Mondadori, 2007) La Quercia Di Brugel (Aboca, 2021) e con il saggio Come Non Letto. 10 Classici + 1 Che Possono Ancora Cambiare Il Mondo (Ponte Alle Grazie, 2017).
Che cosa ha significato per lei ricevere il Premio Boccaccio?
Un grande onore, per tutta una serie di ragioni. Perché si tratta di un riconoscimento assegnato nel nome del primo grande narratore della letteratura italiana, anzitutto. E poi perché l’elenco dei premiati è davvero impressionante per qualità di scrittura e vastità di sguardo.
In un mondo in cui la popolarità si misura in base al gradimento su FB, nel quale le classifiche più analizzate sono quelle delle auto-produzioni e chiunque sembra autorizzato a esprimersi sul valore di un’opera d’arte, ha ancora senso assegnare premi letterari?
Mi verrebbe da dire che ha più senso di prima, proprio perché introduce un criterio di oggettività all’interno di un contesto dominato appunto dalla soggettività (che di per sé non è un male) e dall’improvvisazione (che invece è un bel problema, e non solo quando si parla di arte o di letteratura).
Oggi il ruolo delle reti sociali come Facebook o Instagram è un dato di fatto impossibile da ignorare, eppure in molti faticano ancora a legittimarlo in campi come quello dei libri e della lettura: secondo lei lettura e reti sociali possono convivere in modo sinergico o è fatale che si escludano a vicenda?
Un lettore, se autentico, non pratica alcuna forma di esclusione. È onnivoro per definizione e curioso per vocazione. Non si stanca mai di cercare e nulla lo rallegra più del fatto di imbattersi in qualcosa di inaspettato. In misura forse minoritaria rispetto al flusso predominante del disimpegno, anche in rete ci sono aree di eccellenza, specie per quanto riguarda la riflessione critica.
In che tipologia di lettore si riconosce più facilmente? Qual è il suo rapporto con la lettura?
Mi considero un lettore onnivoro, lo confermo. Con una predisposizione più spiccata per la narrativa e con un interesse molto forte per la poesia, che è il luogo nel quale l’elaborazione linguistica si spinge più in profondità. Leggo per piacere da quando sono bambino, le vicende della vita mi hanno portato a leggere moltissimo anche per lavoro. In tutta franchezza, penso che leggere sia la cosa che mi riesce meglio.
Quale libro o quali libri le sono rimasti nel cuore al punto da volerli consigliare ai nostri lettori.
Consigliare un libro è un’impresa abbastanza difficile. Bisognerebbe conoscere almeno un po’ le persone alle quali ci si rivolge. Di norma, preferisco suggerire testi brevi, che possono favorire l’incontro con un autore: Memorie dal sottosuolo per Dostoevskij, Cuore di tenebra per Conrad, Bartleby lo scrivano per Melville, Il colonnello Chabert per Balzac. E la Storia della Colonna Infame per Manzoni, si capisce. Ma il consiglio infallibile, nella mia esperienza, è La promessa di Friedrich Dürrenmatt.
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