IL PASSAPAROLA DEI LIBRI ha intervistato Federico Valera della libreria Baravaj Milano
Parlateci di voi. Chi siete e quando nasce la vostra attività?
Ho 42 anni. Lavoro in libreria da quando ne avevo 20. Prima in Feltrinelli, poi per il Libraccio, che mi ha permesso di acquisire le competenze necessarie quando, nel 2012, mi sono messo in proprio e ho fondato la libreria Baravaj, parola milanese che riferito a persona significa cialtrone ( in senso bonario), se riferito a oggetto cianfrusaglie, cose di poco conto.
Che tipo di lettori frequenta la vostra libreria?
Ho sempre girato per mercatini e librerie dell’usato. Questo mi ha permesso di raccogliere, negli anni, più o meno 5000 volumi, che sono stati l’ossatura iniziale della prima Baravaj, 2 anni e mezzo fa ci siamo spostati, con LibrOsteria, in via Cesariano, zona Arco della Pace. Vendere il primo libro è stata una tortura, perché mi stavo separando da un pezzo di me: me lo ricordo, era Il circolo Pickwick di C. Dickens, che avevo amato e letto e riletto mille volte. Poi è successo che piano piano ci ho preso gusto, ed ora vendere i miei libri preferiti è una grande soddisfazione, un modo di condividere il godimento e lo stupore che io ho già vissuto con il cliente, che quel libro non l’ha ancora letto.
Una libreria dell’usato è frequentata quasi esclusivamente da lettori forti, chi alla ricerca della chicca introvabile, della prima edizione o di qualche rarità editoriale, chi per ovvi motivi di risparmio scegliendo tascabili classici a 3 euro e simili, chi perché predilige sfogliare un libro usato proprio per il suo essere ” vissuto” e passato da qualche mano sconosciuta, ma in qualche modo conosciuta proprio grazie quell’oggetto, non solo l’anima del libro ma proprio la parte fisica.
Lettori si nasce o si diventa?
Lettori si diventa, almeno per quanto mi riguarda. Ho odiato leggere fino ai 15 anni, poi durante un’orrenda quanto piovosa vacanza in Garfagnana mia madre finì di leggere It, e non avendo altro da fare lo iniziai con estrema diffidenza. Se non ho più smesso di leggere è anche grazie a Stephen King e a quella barchetta nel rivolo. Ho tre figli, e la prova inconfutabile grazie a loro che non si nasce lettori. Devo stimolarli, ascoltarli e non forzarli. Diventare lettori è sicuramente molto più difficile oggi di ieri: io avevo Pong e i giochini al bar, i miei figli tra smartphone, netflix e playstation hanno molti più stimoli e un bisogno di velocità e scambio che io non avevo. A volte mi piacerebbe fargli provare un mese di Garfagnana sotto il diluvio per fargli capire cos’è la lentezza.
Essere librai nel 2019: che cosa è cambiato nel mestiere del libraio e nel ruolo del lettore, negli ultimi anni?
Sono in una realtà particolare, con clienti particolari, quindi non so avere opinioni illuminanti al riguardo. Vedo lettori molto più informati e esigenti, vedo case editrici con una identità forte e una cura del catalogo enorme rispetto a tanti anni fa, dove per andare sul sicuro compravi un adelphi, o un einaudi. Mi sembra che siano fiorite molte belle realtà medio-piccole, e che i lettori siano diventati in molti casi lettori per editore, più che per autore.
Lettura e reti sociali: che cosa ne pensate di questo binomio? Si può essere “social” continuando a essere lettori? Quanto e come siete presenti sulle reti sociali e che impatto hanno queste sulla vostra attività?
Sono presente su Instagram, dove pubblico foto degli arrivi più rari e/o interessanti per la mia clientela virtuale. Cerco sempre di spingere per la vendita in negozio piuttosto che attraverso il contatto instagram, laddove le distanze non rendano impossibile uno scambio e un incontro. Uso instagram per incuriosire chi non è mai stato da me e per segnalare arrivi ai miei clienti di negozio.Sono presente anche su Facebook soprattutto per segnalare gli eventi che organizziamo.
Ritengo i social una risorsa, possono essere usati in modo intelligente per creare una rete di interessi comuni, per essere informati su eventi e novità.
Nel nostro gruppo ci sono titoli che ormai hanno raggiunto lo stato di “libri di culto” o veri e propri tormentoni, come Il caso di Harry Quebert o la Saga dei Cazalet, non sempre a causa della loro qualità artistica ma grazie, soprattutto, a un passaparola costante sulle reti sociali: quali sono i titoli il cui successo vi ha maggiormente stupito e che idea vi siete fatti del motivo di questo successo?
Se penso al successo di Fabrizio Corona ovviamente vien da dire che il mondo sta finendo, ma la massa è anche Stoner, Roth, così come popolarissimi sui social sono Kent Haruf e Shirley Jackson, per esempio. Credo sia un po’ sempre stato così: c’erano i film di Pierino, ma anche Kubrick,
Qual è il titolo che, secondo voi, diventerà il prossimo “tormentone”?
Non saprei proprio rispondere su quale sarà il prossimo tormentone, anche perché, come accennavate voi, spesso non ha nulla a che fare con la qualità del prodotto.
In molti, sul nostro gruppo, si lamentano del fatto che è diventato molto difficile invogliare alle lettura i giovanissimi: in base alla vostra esperienza è vero che i ragazzi leggono sempre di meno? Esiste una strategia che scrittori, librerie, case editrici o chiunque abbia a che fare con giovani lettori potrebbe utilizzare per interessarli di più?
Uno dei problemi ( non l’unico, certo) è che se gli adulti non leggono cosa possono consigliare ai ragazzi? Mi vengono in mente certe liste di libri per l’estate date da professori che avrebbero ammazzato la voglia di leggere persino a Borges, figuriamoci a un 14enne. Se in un elenco di 10 libri ( comunque assolutamente troppi) non metti un autore o un titolo usciti negli ultimi 25 anni è perché sono 25 anni che non leggi un libro, più o meno. E infliggere Tobino, Cancogni, Cassola, Prisco, quando esistono Benni, Lansdale e mille altri è ingiusto. Non sto parlando di qualità delle opere, ci mancherebbe. Ma soprattutto in adolescenza bisognerebbe cercare di ” catturare” il lettore. O lo fai ridere o gli fai paura. E’ un po’ brutale e estremizzato, ma è ciò che penso. Per le emozioni più fini ed evolute c’è tutto il tempo del mondo. Se non gli dai la dimestichezza e il tempo di gustarsi l’atto di leggere avrai ottenuto solo noia e repulsione per l’oggetto stesso.
Come vi ponete nei confronti della lettura digitale? La considerate una risorsa o una minaccia per la vostra attività e per il futuro dell’editoria?
Considero la lettura in digitale una alternativa al cartaceo, ma va saputa usare. Ho avuto un kindle: è stato il periodo in cui ho letto meno in tutta la mia vita. Di fronte all’immensa scelta ho passato settimane a decidere quale libro leggere. Lette 3 pagine, se decidevo che non era quello che cercavo, passavo al successivo. E’ un po’ quello che è successo con la musica: quando da ragazzo potevo permettermi di comprare 3 cd al mese, prima di decidere che avevo sbagliato acquisto ascoltavo l’intero disco almeno 20 volte. Quando sono usciti gli mp3, 20 secondi del primo brano erano sufficienti per una condanna. Chissà quante cose mi sarei perso tra le più impegnative, o le meno orecchiabili d’impatto.Come i social, il digitale è uno strumento: può essere usato in maniera proficua e stimolante o meno.
Consigliate un libro, secondo voi imperdibile, ai nostri lettori.
Consiglio “La pioggia gialla” di J. Llamazares, un vecchio meraviglioso Einaudi che presto sarà ripubblicato (grazie a un mio consiglio, ne sono molto fiero!).
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