IL PASSAPAROLA DEI LIBRI HA INTERVISTATO il collettivo della libreria Empatia di Teramo
Parlateci di voi. Chi siete e quando nasce la vostra attività?
Empatia viene fondata agli inizi degli anni ’00 da Massimiliano Orsini, libraio di razza che cura il locale per diversi anni. Dopo alcuni cambi di gestione Francesco Liguori e Riccardo Tribuiani, giovani imprenditori di stanza a Teramo, decidono di rilevare l’attività e restituirgli quella vocazione di caffetteria letteraria che negli anni si era un po’ persa.
Che tipo di lettori frequenta la vostra libreria?
La nostra clientela è molto trasversale, complice il fatto di essere un locale misto: bar e libreria. Si va quindi dai giovani under 18 a lettori decisamente più ageée. Questa varietà ci permette di confrontarci con gusti e richieste molto diverse fra loro, spronandoci a cercare sempre i migliori titoli da proporre a chi decide di venirci a trovare.
Lettori si nasce o si diventa?
Siamo fortemente convinti che la lettura sia un’abitudine. Avere la fortuna di nascere in una famiglia in cui la lettura è una buona abitudine, poi, mette sul binario giusto. Purtroppo la confidenza con l’oggetto libro spesso non basta: noi che operiamo in un territorio geopoliticamente considerato come meridionale ci rendiamo conto che i fattori che portano a considerare la lettura una buona pratica sono molteplici e spesso poco considerati. Sarebbe importante avere più biblioteche, più librerie e più spazi che si occupano anche genericamente di libri e lettura. Purtroppo ricerche e statistiche ci raccontano una realtà molto diversa. C’è, quindi, tanto lavoro da fare.
Essere librai nel 2019: che cosa è cambiato nel mestiere del libraio e nel ruolo del lettore, negli ultimi anni?
Negli ultimi anni sono sicuramente cambiate le abitudini di consumo: l’e-commerce ha rivoluzionato l’esperienza dell’acquisto e di questo siamo fortemente convinti. Anche il mestiere di libraio si è profondamente modificato, ma la funzione culturale e sociale della professione rimane immutata. Le librerie, e in generale gli spazi dove far crescere la socialità e le comunità cittadine, sono il vero punto di raccordo tra le due categorie.
Lettura e reti sociali: che cosa ne pensate di questo binomio? Si può essere “social” continuando a essere lettori? Quanto e come siete presenti sulle reti sociali e che impatto hanno queste sulla vostra attività?
Visto che i social media ormai permeano le nostre esperienze non di consumatori di contenuti ma di essere umani tout court non si può affrontare l’argomento con nessun preconcetto. I social sono uno spazio, sì virtuale ma comunque privilegiato, in cui far crescere un legame tra lettori e librerie. Noi abbiamo un account facebook del locale, su cui postiamo i libri in lettura, le novità, ma anche recuperi e chicche: l’impatto non ci interessa poi molto: l’importante è usare tutti gli strumenti a disposizione per veicolare contenuti di valore.
Nel nostro gruppo ci sono titoli che ormai hanno raggiunto lo stato di “libri di culto” o veri e propri tormentoni, come Il caso di Harry Quebert o la Saga dei Cazalet, non sempre a causa della loro qualità artistica ma grazie, soprattutto, a un passaparola costante sulle reti sociali: quali sono i titoli il cui successo vi ha maggiormente stupito e che idea vi siete fatti del motivo di questo successo?
Separiamo la domanda in due tronconi: di sicuro il passaparola, anche in piccole realtà, ha un valore eccezionale nella commercialità di un libro. Ci è successo più di una volta che un libro, dopo una presentazione o una spinta forte di consiglio da parte nostra, abbia avuto una certa fortuna in termini di vendite. Siamo comunque molto lontani da qualsiasi definizione: non amiamo né i libri di culto né i best seller. Il nostro spazio è organizzato per poter proporre alla clientela tanti libri diversi. Niente piramidi di libri in uscita, quindi, ma a ogni lettore il libro giusto.
Qual è il titolo che, secondo voi, diventerà il prossimo “tormentone”?
In generale non ci piacciono questo tipo di etichette, perché pensiamo che ogni libro ha il suo lettore e viceversa. Per cavarci d’impaccio diciamo solo che speriamo sia un libro bello.
In molti, sul nostro gruppo, si lamentano del fatto che è diventato molto difficile invogliare alle lettura i giovanissimi: in base alla vostra esperienza è vero che i ragazzi leggono sempre di meno? Esiste una strategia che scrittori, librerie, case editrici o chiunque abbia a che fare con giovani lettori potrebbe utilizzare per interessarli di più?
Quello della promozione della lettura è il tema fondamentale da affrontare prima che la barca dell’editoria affondi definitivamente. I numeri parlano chiaro: i lettori forti diminuiscono perché non c’è ricambio generazionale. Se esistesse una formula magica a cui ricorrere saremmo sempre lì con la bacchetta pronta ma ahinoi così non è. Discostandoci il più possibile da qualsiasi tipo di approccio pedagogico alla questione, la nostra esperienza è che, banalmente, i ragazzi si appassionano e si fidano quando riconoscono nei loro interlocutori onestà e ascolto.
Come vi ponete nei confronti della lettura digitale? La considerate una risorsa o una minaccia per la vostra attività e per il futuro dell’editoria?
Anche qui i freddi numeri ci raccontano una realtà odierna che qualche anno fa immaginavamo molto diversa: la vendita di e-book, dopo alcuni anni molto intensi, lascia sul campo parecchi punti percentuali per quel che riguarda le vendite. Non non consideriamo la lettura in digitale come una minaccia (e non lo facciamo nemmeno nei confronti dei videogiochi o delle serie televisive). Come dicevamo più su bisogna assolutamente promuovere e appoggiare qualsiasi tipo di approccio alla lettura.
Consigliate un libro, secondo voi imperdibile, ai nostri lettori.
Domanda da un milione di dollari, a cui è impossibile rispondere. Vi consigliamo però i libri che stiamo leggendo in questi giorni: “Il nostro desiderio è senza nome” di Mark Fisher edito da minimum fax perché in quasi ogni pagina del critico radicale inglese si trova uno spunto, un’intuizione genuina sulla nostra società e sul modo così sinistro in cui stiamo scegliendo di portarla avanti.
“Kintu” di Jennifer Nansubuga Makumbi edito da 66thand2nd, perché è un romanzo epico che parla di Kintu, governatore della provincia di Buddu, e di una maledizione che aleggia e ricade su tutti i suoi discendenti, dal 1700 ai giorni nostri. Questa storia si inscrive nella storia generale dell’Uganda, fra tradizioni e racconti orali. È una grande saga che dipinge i rapporti di potere, di genere, di paternità e maternità, e che ci restituisce un affresco di quella civiltà e della civiltà tutta. Ha il sapore dei poemi omerici, la magia della Storia infinita di Ende, la potenza del Conte di Montecristo..
redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
Be the first to comment