IL PASSAPAROLA DEI LIBRI HA INTERVISTATO Marco Guerra della Libreria pagina 348 Roma
Parlateci di voi. Chi siete e quando nasce la vostra attività?
La nostra è una libreria di quartiere, indipendente e a gestione familiare. Dal 1992 resistiamo nella periferia sud di Roma alle grandi catene e ai centri commerciali. Oltre a me lavorano in libreria mio fratello Alessio, nostra madre Rosalba e la nostra amica Cristina. Mio padre, Mario Guerra, era un libraio conosciuto a Roma. Io e mio fratello siamo nati e cresciuti tra i libri.
Che tipo di lettori frequentano la vostra libreria?
Tanti tipi di persone diverse. Sono affezionati a noi un buon numero di lettori forti, molte donne (le donne leggono più degli uomini) e il quartiere in generale. Facendo per due mesi, tra settembre e ottobre, la campagna dei testi scolastici, ogni anno siamo a contatto con il paese per come è veramente e non per come ci appare negli altri dieci mesi, quando facciamo i corsi, quando conosciamo gli scrittori e i giornalisti. Noi cerchiamo sempre di coinvolgere anche quella vasta fascia di persone che con i libri ci fanno poco, per i motivi più svariati. I dati dicono che 6 italiani su 10 non leggono e che 3 dei 4 che leggono in realtà leggono un solo libro l’anno.
Lettori si nasce o si diventa?
Non lo so. Quello che è certo è che è una gran fortuna nascere in una casa dove i libri ci sono e in cui genitori, fratelli, sorelle, zii, nonni eccetera leggono. Anche perché se leggono è facile che vadano anche al cinema, a teatro, ai concerti.
Essere librai nel 2019: che cosa è cambiato nel mestiere del libraio e nel ruolo del lettore, negli ultimi anni?
Molto. Fino a venti anni fa il cliente entrava, salutava, prendeva un libro dallo scaffale, andava alla cassa, pagava, salutava e se ne andava mentre ora vuole parlare con te, partecipare alle attività, conoscere gli autori. Fino a venti anni fa la tua reputazione era data da quanto eri bravo o da che assortimento avevi mentre ora per libraio si può intendere anche una figura di esibizionista dedito più alla cura del proprio profilo social che al libro dei corrispettivi. Fino a venti anni fa la concorrenza era tra piccole e grandi superfici: le grandi erano prepotenti ma se ci sapevi fare potevi restare in piedi a lungo, oggi nella maggior parte dei casi, per motivi che è lungo elencare, quando una libreria apre sai già tra quando tempo chiuderà.
Lettura e reti sociali: che cosa ne pensate di questo binomio? Si può essere “social” continuando a essere lettori? Quanto e come siete presenti sulle reti sociali e che impatto hanno queste sulla vostra attività?
Il tempo che viene dedicato alla lettura viene attaccato sempre più dal sempre maggiore utilizzo degli smartphone, è un problema di quantità. Ed è anche un problema di qualità perché ad un utilizzo sempre maggiore degli smartphone corrisponde una perdita di concentrazione, di attenzione, di immaginazione e in ultima istanza di intelligenza. Le persone che dimenticano la strada di casa a forza di usare il navigatore, quelle che credono di aver capito un problema complesso con dieci minuti di Wikipedia e quelle che si fanno fare la diagnosi di un disturbo da Google fanno sempre più fatica ad arrivare in fondo a un romanzo di 300 pagine. Per non parlare della difficoltà che molti hanno nell’affrontare un saggio.
Detto questo la nostra libreria è presente sui social, magari non padroneggiamo perfettamente il linguaggio da social network ma ci siamo. Mettiamo i nostri video su Youtube, partecipiamo a una webserie sui libri che si chiama Ti apparecchio una storia.
Io però continuo a non avere il cellulare. Campo benissimo lo stesso.
Nel nostro gruppo ci sono titoli che ormai hanno raggiunto lo stato di “libri di culto” o veri e propri tormentoni, come Il caso di Harry Quebert o la Saga dei Cazalet, non sempre a causa della loro qualità artistica ma grazie, soprattutto, a un passaparola costante sulle reti sociali: quali sono i titoli il cui successo vi ha maggiormente stupito e che idea vi siete fatti del motivo di questo successo?
Un motivo valido per tutti non c’è. Le saghe familiari, se dentro hanno un buon meccanismo, funzionano sempre: sfruttano ancora, dopo duecento anni, il fascino del feuilleton. Allo stesso modo i buoni gialli seriali possono fidelizzare una fetta di lettori tra le più numerose, quella appunto dei gialli. Poi ci sono altri casi, quello di Stoner, ad esempio: duecentomila copie vendute da un ottimo romanzo del 1965 che non aveva avuto fortuna in occasione delle sue precedenti uscite.
Resta che in Italia gli autori che vivono solo con ciò che guadagnano scrivendo dei libri si contano sulle dita di due mani.
Qual è il titolo che, secondo voi, diventerà il prossimo “tormentone”?
Non lo so.
In molti, sul nostro gruppo, si lamentano del fatto che è diventato molto difficile invogliare alle lettura i giovanissimi: in base alla vostra esperienza è vero che i ragazzi leggono sempre di meno? Esiste una strategia che scrittori, librerie, case editrici o chiunque abbia a che fare con giovani lettori potrebbe utilizzare per interessarli di più?
Il 33% lo fa la famiglia perché se da piccolo hai i libri in casa, se vedi leggere i tuoi genitori e se gli stessi genitori non fanno storie quando gli chiedi di comprarti un libro sei già un passo avanti. Il 33% lo fa la scuola perché se hai degli insegnanti bravi, che leggono, hai più possibilità di associare i libri non a un compito noioso ma al contrario a un’attività assai divertente. Il 33% lo fa il fatto di avere o non avere a portata di mano, vicino a casa tua, una libreria. Il rimanente 1% riguarda i geni, quelli sono pochi davvero.
Come vi ponete nei confronti della lettura digitale? La considerate una risorsa o una minaccia per la vostra attività e per il futuro dell’editoria?
Da quando si è cercato in Italia di lanciare la lettura digitale noi siamo stati alla finestra: in un paese dove si legge così poco sarebbe stato utile anche il contributo di e-reader, e-book eccetera per far salire il tono della nostra vita culturale. In realtà, dopo oltre dieci anni di dispositivi sempre più aggiornati, dopo tante marchette sui giornali, dopo l’abbassamento dell’Iva, dopo anni di un supersconto al giorno il mercato degli e-book è un piccolissimo mercato, che ultimamente tende addirittura ad arretrare. E che ha fallito l’unico obiettivo che poteva essere condiviso da tutti: quello di conquistare nuovi lettori. Il numero di lettori in Italia è rimasto lo stesso, solo che una piccola parte di essi ha preso a leggere gli e-book.
Consigliate un libro, secondo voi imperdibile, ai nostri lettori.
Atlante delle isole remote, Judith Schalansky, Rizzoli
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