IL PASSAPAROLA DEI LIBRI ha intervistato Malvina Cagna della “Libreria Trebisonda” di Torino
Parlateci di voi. Chi siete e quando nasce la vostra attività?
La Trebisonda nasce nel febbraio 2011 a Torino, in un quartiere vivace e multiculturale: San Salvario, vicino alla stazione di Porta Nuova, a Torino. Un posto che conosco bene perché, oltre ad abitarci, ci ho anche lavorato in un progetto di riqualificazione urbana, e quindi ho imparato a conoscerne le risorse, i punti di forza. Il mio modo di interessarmi ai libri e alle questioni politiche, sociali ed economiche mi è parso essere in sintonia con gli interessi e le inclinazioni di tante altre persone che vivono e lavorano qui. Gestire una libreria è stato, da sempre, uno dei miei sogni. Quando, nel 2010, ho incontrato un libraio con cui condividere questo progetto, abbiamo deciso di aprire la Trebisonda, che dall’inizio del 2012 gestisco da sola.
Il nome Trebisonda è quasi una casualità, si è riempito di significati negli anni successivi all’apertura. Pensavo a termini legati al mare, come Ondina, che poi ho scoperto essere il diminutivo della prima atleta olimpionica italiana, Trebisonda Valla. Mi è allora venuto in mente il detto «non perdere la trebisonda». Trebisonda, ora Trabzon, è infatti un porto sul Mar Nero, ed è per questo che nell’antichità veniva visto come un punto di riferimento; per i naviganti era come la stella polare. San Salvario è a sua volta un approdo, stretto com’è tra la stazione e il Po. Un quartiere crocevia di popoli e religioni, proprio come un porto, e anche per questo il nome Trebisonda calzava a pennello. Inoltre adoro Don Chisciotte, è il mio libro, infatti la polena/sirena di cartapesta realizzata da Alessandro Rivoir, che si trova qui in libreria e che è un po’ il simbolo della Trebisonda, legge un libro, che è proprio il Quijote. Ma mi ero completamente dimenticata – me l’ha ricordato una cliente un paio di anni fa – che il sogno di don Chisciotte è diventare imperatore di Trebisonda. Quando si dice la combinazione…
Che tipo di lettori frequenta la vostra libreria?
La libreria è frequentata dagli abitanti del quartiere: persone di tutte le età, famiglie, studenti, pensionati. E poi da persone che vengono apposta, da altri quartieri o da fuori Torino. Dai turisti, perché anche San Salvario inizia da qualche anno a beneficiare dell’aumento del turismo in città. Infine, da coloro che frequentano i numerosi appuntamenti che propongo: presentazioni, corsi, laboratori (in questo caso, anche bambine e bambini). San Salvario è un quartiere dall’animata vita serale e notturna e così per cinque anni ho tenuto la libreria aperta tutti i sabati dalle 23 all’una di notte: c’era chi si aspettava che entrassero in libreria ubriaconi e simili, ma la realtà era molto più variegata: non solo giovani a passeggio tra i cocktail bar, ma anche e soprattutto persone e famiglie che andavano o tornavano dalla cena al ristorante e in pizzeria, o che dovevano fare un regalo, proprio come di giorno. In ogni caso è vero che un certo tasso alcolico favorisce l’acquisto!
Lettori si nasce o si diventa?
Anche chi “nasce” lettore, nel senso che appartiene a una famiglia di lettori, ha poi bisogno di confermare questa propensione, incontrando i libri e i maestri (le maestre) giusti. Quindi per lo più lettori si diventa, direi.
Essere librai nel 2019: che cosa è cambiato nel mestiere del libraio e nel ruolo del lettore, negli ultimi anni?
Forse il libraio, la libraia di questi anni è una persona che cerca di capire dove si trova la sua libreria, il posto in cui si colloca, in quale tempo storico e in quale quartiere e città, tutti elementi che rendono possibile un’interazione con quello che succede al di fuori della libreria. Uno scambio in cui la libreria dà anche degli input, che non sono solo gli incontri sul libro del momento, ma anche serate a tema, focalizzate su figure letterarie o politiche di rilievo o temi di attualità; e pure un allestimento particolare della vetrina. Questo è un messaggio potente secondo me, perché l’aspetto visivo è importante e va tenuto in debito conto. Forse negli anni è diventata un po’ obsoleta l’immagine – certamente affascinante – del libraio che se ne sta nel suo antro polveroso pieno di tomi antichi e introvabili. Se c’è un modo per rendere vivo questo mestiere è diventare parte attiva di quello che succede intorno: non più chiusura ma apertura, scambio con quanto si trova fuori. Non è invece venuta meno la funzione “orientativa”, anzi direi che è ancora più preziosa, vista la quantità di libri immessi sul mercato giorno dopo giorno, anno dopo anno. A maggior ragione, lavorando con la piccola editoria e con autori e autrici non ancora molto noti, i lettori si affidano maggiormente al consiglio della libraia o del libraio.
Lettura e reti sociali: che cosa ne pensate di questo binomio? Si può essere “social” continuando a essere lettori? Quanto e come siete presenti sulle reti sociali e che impatto hanno queste sulla vostra attività?
La Trebisonda ha una pagina facebook e un account instagram. Altro modo di essere “social” è l’invio della newsletter. Non vado matta per facebook, anche se talvolta favorisce incontri altrimenti impossibili; però mi pare che il tempo che finiamo per dedicargli sia troppo. Tempo sottratto non solo alla lettura, ma anche alla famiglia, agli amici, alla cura del proprio corpo… A livello di lavoro, mi pare che le proposte più interessanti scaturiscano da incontri de visu; certo la piattaforma social può essere una vetrina; ma forse non è un caso che, spesso, chi più dà riscontri positivi online poi non si faccia mai vedere in libreria: sarà un modo per sgravarsi la coscienza?
Nel nostro gruppo ci sono titoli che ormai hanno raggiunto lo stato di “libri di culto” o veri e propri tormentoni, come Il caso di Harry Quebert o la Saga dei Cazalet, non sempre a causa della loro qualità artistica ma grazie, soprattutto, a un passaparola costante sulle reti sociali: quali sono i titoli il cui successo vi ha maggiormente stupito e che idea vi siete fatti del motivo di questo successo?
Il mio è un osservatorio un po’ particolare, di nicchia, e quindi forse lo sarà anche il titolo che sto per fare, che è Patria di Fermando Aramburu (Guanda). Autore già pubblicato in Italia da La nuova Frontiera, ma non molto noto fino alla pubblicazione di questo lungo romanzo, emozionante e bellissimo.
Qual è il titolo che, secondo voi, diventerà il prossimo “tormentone”?
C’è attesa per White di Bret Easton Ellis che uscirà con Einaudi a ottobre. Tra pochi giorni esce con Iperborea il nuovo Bjorn Larsson, La lettera di Gertrud che, se non un tormentone, sarà sicuramente un “tormentino” per i fan di questa casa editrice, che sono sempre più numerosi. Infine, se posso fare un augurio, spero che Babbitt di Sinclair Lewis (Mattioli 1885) abbia almeno parte della fortuna che ha avuto Stoner di Williams: è stupendo.
In molti, sul nostro gruppo, si lamentano del fatto che è diventato molto difficile invogliare alle lettura i giovanissimi: in base alla vostra esperienza è vero che i ragazzi leggono sempre di meno? Esiste una strategia che scrittori, librerie, case editrici o chiunque abbia a che fare con giovani lettori potrebbe utilizzare per interessarli di più?
I bambini sono naturalmente curiosi e attratti dalla bellezza, e i libri, anche se in casa non ce ne sono, li incuriosiscono assai. Non è impossibile che un bambino inizi a leggere anche se i genitori non leggono. Certo, è difficile. Ma anche i piccoli lettori possono – speriamo temporaneamente – disamorarsi della lettura, quando diventano adolescenti e dai coetanei ricevono messaggi sconfortanti: leggere è noioso, chi legge è uno sfigato. Come libraia consiglio, ai bambini che non amano leggere “tanto”, i fumetti. Il fumetto ha il pregio di poter essere letto anche dai ragazzini che, per qualche motivo, in adolescenza smettono di leggere i libri. In alternativa, una storia, magari illustrata, breve, che vada incontro agli interessi del bambino o della bambina: l’informatica ad esempio, i dinosauri, le sirene, ecc.
Spero sempre che in loro, o almeno in alcuni di loro, si desti la voglia di riprendere in mano un romanzo. In generale, e qui parlo anche e soprattutto di ambito scolastico, credo che una buona strategia sia rendere partecipi, protagonisti, i ragazzi e le ragazze: coinvolgerli, affascinarli, farli innamorare. Ricordo un incontro emozionante con Fouad Laroui (premio Goncourt, pubblicato da Del Vecchio; consiglio in particolare Un anno con i francesi) in un liceo scientifico di Torino. Riuscì a tenere una sorta di lectio magistralis in francese a due classi che parlavano inglese. Si fece capire benissimo, spaziando dalla letteratura alla fisica, e ricordando che l’intuizione di Einstein sulla relatività nacque durante una passeggiata con un poeta. Incoraggiò quindi le scolaresche a non trascurare lo studio delle materie umanistiche. Fu subissato dalle domande. C’era una bellissima atmosfera in quell’aula magna.
Ancora una cosa: per cercare di rendere i libri oggetti sempre più diffusi, per tutti, la Trebisonda è aperta alle feste di compleanno per i più piccoli, che così imparano a considerare la libreria uno spazio comune, un luogo in cui possono giocare, divertirsi, un posto di uso «quotidiano».
Come vi ponete nei confronti della lettura digitale? La considerate una risorsa o una minaccia per la vostra attività e per il futuro dell’editoria?
Più che una minaccia vorrei vederla come una maniera di integrare le possibilità di chi legge. Pensiamo a chi viaggia spesso o a lungo: impossibile portarsi dietro dei tomoni, no? Certo il numero di chi legge solo con e-reader è in aumento, ma mi pare sia comunque una percentuale poco rilevante. Il problema vero, semmai – scopro l’acqua calda – è che in Italia si legge poco, sia su carta sia su supporto elettronico.
Tornando alla domanda, sarebbe bello che le libraie e i librai in carne e ossa potessero veder riconosciuta la loro capacità di consigliare la clientela, sulla base dei gusti e delle necessità. Questo a prescindere dal fatto che venga poi acquistato un libro cartaceo o un e-book.
Consigliate un libro, secondo voi imperdibile, ai nostri lettori.
Da libraia, sono abituata a dare più opzioni a chi mi chiede un consiglio… Alcuni suggerimenti di lettura sono già nelle risposte qui sopra. Tuttavia ho dato uno sguardo alla vostra pagina FB e vorrei consigliare due classici che secondo me potrebbero fare al caso vostro: uno è Mansfield Park di Jane Austen. L’altro è La famiglia Karnowsky di Israel J. Singer. Di contemporaneo, invece, Americanah di Chimamanda Ngozi Adichie, oppure i racconti di Guadalupe Nettel, Bestiario sentimentale, La Nuova Frontiera, o La felicità di Emma di Claudia Schreiber, Keller. E, sicuramente Una donna, di Annie Ernaux, L’Orma.
redazione@unlibrotiralaltroovveroilpassaparoladeilibri.it
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