IL PASSAPAROLA DEI LIBRI HA INTERVISTATO Angelo Biasella di NEO Edizioni
Come racconteresti il tuo lavoro in casa editrice?
Lavoro dalle nove di mattina alle otto di sera, pausa pranzo dalle 13:20 alle 14:30: come in fabbrica ‒ straordinario compreso ‒ ma più interessante e, immagino, più divertente. La mia giornata tipo si articola pressappoco così: vado in sede, accendo il pc e controllo le mail. Rispondo velocemente alle richieste possibili (ordini librerie, urgenze degli autori di scuderia, proposte di collaboratori ipotetici, amici lontani per rimpatriate infattibili). Le richieste impossibili, invece (esordienti onniscienti, luminari presunti, romanzieri depressi, eterni incompresi, cloni indefessi e fiancheggiatori del pessimismo universale), li tengo per la sera… mi rincuorano e aiutano a mantenere salda, in me, la convinzione che non bisogna essere del tutto normali per fare questo lavoro.
Oscurato il computer, mi guardo intorno con fare circospetto, metto una matita rossa tra i denti e poi, all’urlo di “Per Mompracem!” mi tuffo nella catasta di manoscritti che ho alle spalle. Riemergo, dopo un paio di minuti, esausto e sudato con 3/4 prede in pugno. Indi, le leggo. La faccenda, in genere, si trascina fino all’ora del desco. Nel pomeriggio (a panza piena) lavoro di editing sui titoli che abbiamo già risolto di pubblicare. In mezzo a questo, fino all’anno scorso, c’erano trasferte per fiere e presentazioni, escursioni ‒ simpaticissime ‒ in banca, alle poste e dal commercialista, diatribe estenuanti sulla scelta delle cover, delle bandelle e delle quarte di copertina col mio socio/cugino Francesco Coscioni, con il grafico Lucio Berardinelli, col giovane editor Alex Piovan e il direttore della collana a fumetti Andrea Tosti. L’unica con cui non si discute mai è Patrizia Angelozzi, valido ufficio stampa che ci segue da qualche anno. Poi bisogna mantenere rapporti con colleghi, giornalisti, autori pubblicati e autori promettenti, leggere qualche rivista di settore, recensioni, blog letterari, ingiuriare i vicini di casa e, nonostante tutto, rimanere nel (e del) mondo.
Quanti manoscritti vi arrivano ogni settimana e quanti effettivamente riuscite a leggerne?
In media, ne arrivano un paio al giorno. Asserire di leggerli interamente sarebbe disonesto. Diciamo che li valutiamo tutti ma arriviamo in fondo solo a quelli allettanti (la salivazione aumenta quando ci incappo). Pubblichiamo unicamente le opere che carezzano l’eccellenza; quelle che ci sembrano interessanti le conserviamo in vista di progetti futuri; quelle che non passano nemmeno la prima selezione alimentano il golem che va sagomandosi nel bidone della differenziata poco distante dalla casa editrice (o il cestino nell’angolo basso del desktop).
Chiaro che il concetto di “eccellenza” è relativo. Non abbiamo certezze assolute e di Dogma seguiamo solo il 95, anche se ultimamente Lars Von Trier sta assurgendo a pretese messianiche che sfiorano lo squilibrio mentale.
Come decidi qual è il prossimo manoscritto che leggerai?
Come dicevo, il primo che mi capita a tiro… scherzi a parte, in genere li leggo in ordine di arrivo. Non nascondo, però, che do precedenza alle segnalazioni che mi arrivano dai colleghi o dalle agenzie letterarie che, in un modo o nell’altro, si sono già fatte un’idea di come ci muoviamo. Oltre a questo, metto in pole anche le nuove opere degli autori che abbiamo già pubblicato. Non è una regola, ma la conferma è più facile là dove, evidentemente, c’è già stata una scoperta.
In che modo fronteggi le pressioni del mercato per preservare l’autonomia culturale della casa editrice?
La risposta figa sarebbe: fregandomene.
Ahimè, non è così che vanno le cose. La Neo Edizioni è frutto di scelte precise. Andando al succo, le linee guida che ci siamo dati ‒ e che ancora seguiamo ‒ sono: cinismo, ironia, dissacrazione e causticità. Ma con l’esperienza e gli acciacchi dell’età, abbiamo imparato a mediare, a smussare gli angoli e a non smadonnare troppo se i confini del nostro universo tendono ad amalgamarsi con il vuoto siderale. Alterare le terminazioni è lecito; corrompere la struttura portante, per una piccola realtà come la nostra, sarebbe un suicidio. Cerchiamo, quindi, di non essere eccessivamente inossidabili pur mantenendo un’identità piuttosto riconoscibile (a livello grafico e di contenuto). In pratica, stiamo acquisendo un certo grado di permeabilità che ci consente alcune licenze senza rischiare di snaturarci. Il limite è sottile ma, giorno dopo giorno, impariamo a conoscerlo e padroneggiarlo.
Quali sono le principali difficoltà che deve affrontare una casa editrice indipendente?
Stabiliti i ruoli interni alla casa editrice, redatta una linea editoriale condivisa e accantonata la vita sociale precedente, direi che un problema rilevante resta il comparto promozione/distribuzione. Le grandi testate giornalistiche e le riviste di settore più importanti sono, ormai, feudi delle major. Conquistare anche solo un cantuccio, per noi, è, ogni volta, un’impresa titanica. Ci siamo riusciti e ci riusciamo ma solo dopo pressing ai limiti della decenza o minacce fisiche ai critici in questione. A volte, duole ammetterlo, anche stimolare il senso di carità cristiana aiuta a ottenere il risultato auspicato.
Per quanto riguarda la distribuzione, vorrei che la nostra fosse più reattiva ai nostri stimoli ma mi rendo conto che Messaggerie, essendo il più grande distributore d’Italia, ha da soddisfare le esigenze di un numero cospicuo di editori più influenti di noi. È una questione di status. Più cresci, più ti prendono in considerazione. L’assunto è che nessuno ti regala niente, com’è giusto che sia. Bisogna conquistarsi il proprio spazio dimostrando di essere appetibili sul mercato.
In aggiunta a questo, chiaramente, c’è il problema di trovare titoli validi da pubblicare. Noi, oltre alla veste grafica, tendiamo a praticare un minimo di selezione e a fare in modo che ‒ so che è allucinante ‒ i nostri libri, oltre che di grande impatto visivo, siano anche buoni libri da leggere.
Che rapporto avete con i social?
Simbiotico e imprescindibile. Siamo nati nel 2008, gli anni in cui Facebook iniziava a diventare un fenomeno di massa. Abbiamo assistito alla nascita di Twitter, Pinterest e Instagram. Cerchiamo costantemente di sfruttare tutte le piattaforma al massimo delle loro potenzialità e delle nostre conoscenze. Anche Einaudi ‒ inizialmente restia ‒ ha ceduto, l’anno scorso, alla tendenza generale e ha aperto una pagina. Nessuno può esimersi, al giorno d’oggi. Pensare di poterne fare a meno equivale a tagliarsi fuori dal 90% delle dinamiche editoriali… qualcosa di molto simile al suicidio.
Ti va di parlarci delle vostre ultime uscite?
Nonostante l’annata tribolata, causa orrido virus, abbiamo lavorato piuttosto bene. Al momento siamo in libreria con tre novità di cui andiamo particolarmente fieri. Vado ad elencare in maniera, spero, non troppo schematica.
Zodiaco street food di Heman Zed è un noir atipico ambientato nel basso veneto. “Noir sghembo lagunare” lo hanno definito. Agli ingredienti tipici del genere (atmosfere fosche e intreccio perfetto), l’autore aggiunge copiose dosi di brillante ironia. Il risultato è un romanzo spiazzante che tiene incollati alle pagine e, al contempo, fa sbellicare dalle risate.
Quori cuadrati di Alessandro Turati è un inno allo scarto, allo humour nero, un canto in cui tutto è meravigliosamente sbagliato, eppure funziona… come la vita. L’autore è il nostro outsider. Il neo tra i Nei. I suoi libri sono surreali, pieni di nonsense, terribili ed esilaranti. E questo suo ultimo romanzo, a mio parere, è l’opera ‒ sofferta e divertita ‒ di un uomo completamente libero.
La carne di Cristò è un unicum nel panorama letterario italiano. E lo dico senza timore di smentita. Un romanzo che mette in dubbio ogni convinzione pregressa, che sbrindella uno per uno gli archetipi del genere letterario cui si dovrebbe rifare, narrato con una lingua pazzesca. Una lingua che inizialmente sembra non collimare con le intenzioni della storia e che, invece, alla lunga, diventa materia connaturata alla trama. Un loop infinito di flashback e visioni che ti stordisce e da cui riemergi, frastornato e felice, solo a fine lettura.
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