LE NOTTI BIANCHE, di Fedor Dostoevskij (San Paolo – marzo 2020)
Scritto da Fëdor Dostoevskij a soli 27 anni con stile davvero d’altri tempi, espressioni desuete, termini aulici e insieme arcaici; eppure di un contenuto così attuale…
Il titolo “Le notti bianche” si ispira a quel particolare periodo dell’anno (detto appunto “notti bianche”), tipico della Russia del nord, in cui il sole tramonta dopo le 22:00.
Anastasja (Nasten’ka) vive a Pietroburgo e in una di queste notti di luce incontra per caso un uomo di cui non si conoscerà mai il nome, ma che possiamo chiamare “il sognatore”; ne nasce un dialogo aperto tra due persone estremamente sole, che durerà per quattro sere consecutive, il giorno e la notte quasi si mescolano nel racconto. L’amore e l’amicizia tendono a confondersi, ma la solitudine umana resta il fulcro del racconto.
Ho amato la vitalità del Sognatore e la sua enfasi nel narrare la sua vita, sebbene lui stesso sia un uomo tanto solo anche se ancora giovane, perché come lui stesso ammette “di incontrare qualcuno, lo incontro; e comunque son solo”.
Oggi, nel 2021, siamo sovente ancora vittime di questa solitudine pur vivendo in una moltitudine: al lavoro, in famiglia, a scuola… e più ci si sente soli e più ci si estranea. Diciamo che i contesti sono diversi certo, ma alla base c’è una condizione che esiste da sempre e sempre esisterà.
Ho trovato questa frase di Nasten’ka particolarmente carina: “non ho bisogno di un consiglio saggio, mi serve un consiglio dato col cuore”. Perché è vero, spesso lo facciamo anche noi di usare la saggezza, ma cuore e ragione non sempre vanno di pari passo.
Lettura davvero veloce e piacevole, per una serata di lettura introspettiva
Recensione di Isabella Bufano
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