LE NUVOLE DI PICASSO. Una bambina nella storia del manicomio liberato Alberta Basaglia

LE NUVOLE DI PICASSO. Una bambina nella storia del manicomio liberato, di Alberta Basaglia (Feltrinelli)

Una bambina che deve guardare il mondo diversamente dagli altri: una lesione al fondo degli occhi la rende quasi cieca, l’unico modo di vedere è guardare di sghembo, “con la testa storta”.

Alberta Basaglia, figlia di Franco Basaglia e Franca Ongaro (artefici negli anni Settanta di una vera rivoluzione culturale nella disciplina della psichiatria) grazie al lavoro dei genitori ha sempre avuto confidenza con la diversità.

Ha quindi saputo vivere la sua semplicemente, come un dato di fatto, una caratteristica che non va nascosta ma affrontata.

“Eppure la diversità basta accettarla. Anche quando è talmente tangibile che non si può far finta che non esista, come nel caso dei matti. Basta solo riconoscere il diverso da te e non farti fagocitare dall’ansia che costringe a incasellare tutti e tutto in regole e categorie precise che pretendono di dare un ordine tranquillizzante al mondo”

E allora al 4 in disegno Alberta risponde con le sue nuvole: “Sono talmente belle che dovresti mandarle a Picasso, gli piacerebbero sicuramente”, le dice il padre. E lei ne disegna tante, sulla carta da pacchi, e valuta davvero di mandarle a Picasso.

Perché a casa Basaglia niente è considerato impossibile.

Questo approccio alla vita (teoricamente meraviglioso, ma quanto difficile da attuare!) mi sembra il cuore del libro: Alberta Basaglia parlando di sé e degli anni passati con i genitori – Padova, poi Gorizia, Trieste e Venezia, dove la famiglia sarebbe sempre tornata – riesce a mostrare in modo semplice la straordinarietà di persone che hanno provato a restituire dignità a quelli che la società relegava ai margini, considerandoli “difettati”.

Certo queste pagine sono solo un assaggio rispetto a quanto si potrebbe scrivere su Franco Basaglia, su Franca Ongaro, sulla stessa Alberta e su tutte le persone coinvolte in un progetto di civiltà che partiva dagli ospedali psichiatrici ma che assume valore di fronte a tutte le forme di discriminazione.

Non esauriscono certo l’argomento perché non nascono con questo intento: sono una testimonianza affettuosa di una figlia nei confronti di genitori così speciali e contemporaneamente uno stimolo da parte di una donna da sempre impegnata nel sociale a mettere il rispetto degli altri alla base dei nostri comportamenti.

Che utopia, che meravigliosa utopia!

“La realtà è la stessa per tutti, e non importa se la vivi a modo tuo o se fraintendi qualcosa, lei ti spetta comunque di diritto. Grande o piccolo che tu sia. Nessuno ci ha mai lasciato “di là” perché “non erano cose da bambini”. In quell’ultimo luminoso piano del palazzo della Provincia, le porte non si chiudevano, le parole ci raggiungevano sempre, da una stanza all’altra, insieme all’odore del fumo di sigaretta, al ticchettio della macchina da scrivere e agli squilli del telefono. I loro discorsi erano anche i nostri. Queste diverse presenze erano il mio quotidiano. Questa è stata per me la rivoluzione più normale del mondo.”

Recensione di Elena Gerla

LE NUVOLE DI PICASSO Alberta Basaglia

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